Ilva di Taranto, tutelare l'ambiente e il diritto al lavoro
"Esprimo vicinanza
e solidarietà ai lavoratori che rischiano grosso, rischiano di perdere il posto di
lavoro, e sono in numero considerevole, valutando anche l’indotto delle fabbriche
che supportano l’Ilva. Del resto il provvedimento della magistratura è di tutto rispetto.
Ciò che si può invocare è coniugare l’occupazione, il lavoro, con la salute e con
la difesa della vita. Un intervento che si potrebbe fare è un intervento che identifichi
in maniera rigorosa le bonifiche che devono essere apportate per non interrompere
la produzione e quindi per non far saltare tutta l’occupazione". Così il vescovo di
Taranto Mons. Filippo Santoro a commento della decisione di sequestro preventivo,
da parte del Gip Patrizia Todisco, degli impianti a caldo dell'Ilva e dell'arresto
di otto dirigenti dello stabilimento tarantino, il più grande polo siderurgico d'Europa,
provvedimento non procrastinabile perché "chi gestiva e gestisce l'Ilva - sono
le conclusioni del Gip - ha continuato nell'attività inquinante con coscienza e volontà
per la logica di profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza". Mentre
Taranto è bloccata dalle proteste dei lavoratori dell'Ilva, in Consiglio dei Ministri
si sono definiti gli obiettivi del protocollo di bonifica dell'area con uno stanziamento
di 336 milioni di euro. Dall'Arpa Puglia, il direttore Giorgio Assennato precisa che,
"sebbene per quarant'anni la situazione ambientale sia stata mal gestita, senza alcun
controllo, negli ultimi tempi molti miglioramenti sono stati fatti sul fronte della
emissione di diossine (riduzione del 20%). L'Ilva - sottolinea - è stata indotta ad
investire un miliardo di euro sulle cockerie, che rappresentano il problema più rilevante.
La proposta che avanziamo è di imporre la riduzione del 10% delle emissioni dalle
cockerie nei giorni in cui il vento spira da nord/nord ovest per evitare che gli inquinanti
si diffondano nell'area urbana". (a cura di Antonella Palermo)