Siria: iniziata la controffensiva dei ribelli ad Aleppo. Ban Ki-moon: "Il mondo non
può restare spettatore"
Siria. I ribelli hanno annunciato che è scattata l’offensiva su Aleppo. Sarebbe stato
dunque inascoltato l’appello del segretario generale dell’Onu Ban Ki moon che ieri
aveva chiesto di fermare le azioni militari sulla città. “Il mondo non può restare
spettatore” ha tuonato, sempre ieri, il premier turco Erdogan che ha espresso timore
per l’eventualità che Assad ricorra ad armi chimiche. Le ultime novità nel servizio
di Marina Calculli:
E come abbiamo
sentito per la prima volta dall'inizio dello scoppio della guerra in Siria, forze
fedeli al regime di Damasco si sono scontrate con l'esercito giordano lungo il confine
tra i due Paesi. Un episodio preoccupante per il pericolo di allargamento del conflitto.
Salvatore Sabatino ne ha parlato con Maria Grazia Enardu, docente di
Storia delle Relazioni Internazionali presso l’Università di Firenze:
R. – Un episodio
sicuramente preoccupante, ma anche probabilmente limitato al calore della battaglia.
Stanno uscendo dalla Siria, in direzione della Giordania, migliaia e migliaia di profughi
soprattutto dalla vicina Damasco e dalla Giordania provengono aiuti alle varie fazioni.
Gli uomini fedeli al regime di Assad, inevitabilmente prima o poi sparano sui giordani
e viceversa.
D. – Evidentemente un Paese in guerra diventa un problema per
i Paesi confinanti, proprio per la massa di profughi che produce un conflitto. In
questo caso la situazione è peggiorata dal fatto che ci troviamo in uno scacchiere,
come quello Mediorientale, in cui gli equilibri sono già molto precari…
R.
– E’ grave soprattutto per un Paese povero come la Giordania, che è anche una monarchia
assai fragile, con un delicatissimo equilibrio interno e con un re che sta cercando
in tutti i modi di evitare la sua “Primavera Araba”. Se su un Paese come questo si
abbatte una massa di profughi che vanno in qualche modo accolti e si verificano incidenti,
il re ha un lavoro ancora più difficile da svolgere.
D. – Dobbiamo ricordare
anche che la Giordania ha un ruolo di stabilizzazione importantissimo in Medio Oriente…
R.
– Sì, perché è un Paese molto tradizionale, la sua dinastia è molto antica, assieme
a quella dell’Arabia Saudita ed è di conseguenza un elemento di stabilità e come tutti
gli elementi di stabilità ha una sua fondamentale gracilità.
D. – Anche in
Libano la situazione è davvero drammatica, si parla di decine di migliaia di persone
che stanno arrivando oltre confine proprio dalla Siria…
R. – Il Libano incredibilmente
è abituato da decenni ad arrivi e partenze traumatici e caotici, è più attrezzato,
è un Paese composto e complesso. La Giordania è, invece, un Paese un po’ più semplice,
meno preparato a questi eventi. Gli unici grandi eventi di profughi sono stati quelli
palestinesi - o nel ’48 o nel ’67 - ed in parte quegli iracheni, ma questa è un’ondata
che il re, in una fase assai delicata della sua transizione, non può permettersi facilmente.
D.
– Rispetto al Libano è anche un Paese molto più povero…
R. – Molto più povero!
I libanesi trafficano ad ogni livello; anche i giordani trafficano, ma evidentemente
con minori proventi.