Iniziativa a Roma per far conoscere i lavori prodotti dai carcerati, un'economia che
riscatta
Il Papa chiede di rispettare la dignità dei carcerati, anche in vista del loro reinserimento
nella società: una delle strade è la possibilità dei detenuti di lavorare, oggi purtroppo
difficile. Per sensibilizzare l'opnione pubblica a questa problematica, l’associazione
“Recuperiamoci!” ha promosso a Roma una manifestazione dove vengono presentati prodotti
bio e artistici, provenienti dalle varie realtà penitenziarie italiane. Ma cosa producono
i carcerati? Debora Donnini lo ha chiesto a Paolo Massenzi, presidente
dell’associazione:
R. - Gli articoli
ad oggi da noi censiti sono oltre 600 e sono alimentari e non alimentari: dal miele
delle colonie sarde ad oggetti di design dei detenuti di Pistoia.
D. - Questi
prodotti vengono creati all’interno del carcere oppure i detenuti hanno permessi per
uscire e recarsi a lavoro?
R. - Contempliamo entrambe le possibilità, perché
il lavoro è importante in carcere quanto fuori dal carcere, per creare un corridoio
di riabilitazione. Il miele, per esempio, è prodotto nelle colonie sarde, dove i detenuti
hanno comunque facoltà di poter lavorare, ovviamente con i dovuti permessi, così come
promuoviamo le borse fatte in carcere a Vigevano, con tessuti di scarto che arrivano
dalle tessiture di Prato. Promuoviamo anche i lavori della cooperativa “In Cammino”,
che lavora fuori dal carcere, a Pistoia.
D. - Quanti carcerati coinvolgono
queste iniziative di lavoro e sono poi importanti per reinserirsi nella società,
una volta che queste persone sono uscite dal carcere?
R. - Il lavoro è fondamentale,
accanto all’aiuto in un percorso di natura abitativa. Il lavoro in Italia su circa
68 mila detenuti, oggi è purtroppo riservato solo a 2 mila detenuti. All’interno del
carcere ci sono essenzialmente cooperative o lavorazioni dell’Amministrazione Penitenziaria,
che svolgono varie attività: dal lavoro cosiddetto “conto terzi” a quello di realizzazione
e produzione. Nel momento in cui si esce dal carcere, in un percorso protetto, se
c’è un lavoro la recidiva si abbatte drasticamente: dai numeri forniti dal Ministero
delle Giustizia e dell’Amministrazione Penitenziaria, emerge che c’è il 70% di recidiva
in assenza di lavoro, il 10-12 % in presenza di lavoro.
D. - Queste persone
possono proseguire il lavoro che hanno fatto in carcere anche una volta che escono?
R.
- I detenuti in alcuni casi - e purtroppo non è una realtà generalizzata - continuano
il loro lavoro o dentro la cooperativa, dove hanno iniziato quando si trovavano all’interno
del carcere, o trovando un lavoro a seguito della preparazione che hanno ricevuto.
D. - Tra l’altro, abbassando il tasso di recidiva questo comporta - oltre
che un aiuto per queste persone - anche un risparmio per lo Stato …
R. - Sì,
promuovere il lavoro in carcere e dopo il carcere, abbattendo drasticamente la recidiva,
fa risparmiare innanzitutto da un punto di vista di sicurezza sociale ...
D.
- Voi come associazione “Recuperiamoci!”, esattamente cosa fate, promuovete questi
prodotti?
R. - Siamo un’associazione di promozione della solidarietà in carcere,
facilitiamo la produzione, la vendita e la conoscenza.
D. - Come si possono
acquistare questi prodotti? R. - Presenteremo nell’evento il progetto “F@rete Shop”.
I prodotti si possono acquistare in varie modalità: sul sito del Ministero della Giustizia
c’è una vetrina di prodotti del carcere con i vari punti vendita, inoltre “F@rete
Shop” si propone di organizzare una rete di distribuzione solidale. Ci preme dire
che la solidarietà ci può consentire di abbattere costi ma non solo, soprattutto costi
umani e allo stesso tempo desideriamo che queste iniziative vengano supportate ed
incoraggiate dalla città.