Fallisce Conferenza Onu sul commercio delle armi. Archivio Disarmo: serve impegno
società civile
Si è conclusa con un nulla di fatto la Conferenza Onu di New York chiamata ad approvare
un Trattato sul commercio delle armi. Quasi un mese di negoziati non è bastato alle
delegazioni di più di 170 Stati per trovare un accordo. Hanno pesato negativamente
in particolare le posizioni dei grandi produttori di armi come Russia, Stati Uniti
e Cina. Sull’esito della Conferenza, Alessandro Gisotti ha intervistato il
giurista Emilio Emmolo di “Archivio Disarmo”:
R. – Certamente
è un peccato che alla Conferenza di New York non si sia raggiunto un accordo per un
trattato sui trasferimenti internazionali di armi. Però, non parlerei di fallimento.
E’ vero che le tre grandi potenze hanno imposto un veto su questo Trattato, ma secondo
me quello che è importane è che un’altra superpotenza è riuscita ad ottenere la convocazione
di una Conferenza internazionale: parliamo della società civile internazionale. Siamo
arrivati a questo punto, cioè di imporre agli Stati la necessità di confrontarsi su
questo tema.
D. – Concretamente, quali sono i passi che adesso ci si possono
aspettare e sperare, su questo fronte?
R. – Quello che pensiamo è di chiedere
all’assemblea generale delle Nazioni Unite in sede di conferenza sul disarmo che già
a partire dall’autunno ricominci a negoziare il Trattato. A questo punto, sarà fondamentale
che la società civile internazionale metta grandissima pressione a tutte le potenze
– sicuramente Stati Uniti, Cina e Russia – ma è importante ad esempio che anche alcuni
Paesi europei che negli ultimi giorni hanno avuto una condotta un po’ ambigua – parlo
di Francia e di Inghilterra in particolare – e altri Paesi africani che erano stati
messi sotto pressione dalle superpotenze, siano consapevoli che non si può fallire
perché il prezzo di questo fallimento è in vite umane.
D. – La Santa Sede è
intervenuta alla Conferenza ed ha sottolineato che le armi non possono essere comparate
a beni commerciali comuni. Su questo c’è bisogno di una vera e propria crescita di
consapevolezza, pensando poi a stragi come quella di Denver?
R. – E’ incredibile
che non ci sia consapevolezza. Pensiamo al fatto che solo pochi anni fa in Afghanistan
soldati italiani e americani sono stati attaccati da talebani che avevano armi fatte
dall’italiana Beretta e che erano finite, attraverso uno strano giro di triangolazione,
dall’Inghilterra fino in Afghanistan e poi nelle mani dei talebani che le usavano
per attaccare i nostri soldati e quelli americani. E’ incredibile che succedano questi
episodi paradossali: che soldati che vogliono portar la pace in certi Paesi si trovino
di fronte armi prodotte nei loro stessi Paesi! E guardiamo quello che è successo nei
Paesi della Primavera araba: chi aveva dato le armi a Gheddafi per massacrare i civili?
Certo, la Russia. Ma anche l’Italia aveva esportato migliaia e migliaia di pistole
e fucili solo poche settimane prima che iniziassero i massacri …