I Papi del Novecento e le Olimpiadi: un secolo di ammirazione per i valori etici dello
sport
L’interesse planetario suscitato gradualmente in epoca moderna dalla ripresa dei Giochi
Olimpici non poteva essere ignorato dalla Chiesa. E la prima testimonianza di questa
attenzione la si trova nelle parole dei Papi. Da Atene 1896 a Londra 2012, molto spesso
l’avvicinarsi della scadenza olimpica ha indotto i Pontefici del Novecento ha dedicare
ampie riflessioni ai Giochi in sé e più in generale alla visione cristiana dello sport.
Alessandro De Carolis ne ricorda alcune in occasione dell'apertura delle Olimpiadi
di Londra:
“Non sapete
che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte
anche voi in modo da conquistarlo”. È un fatto ben noto che il grande annunciatore
del Vangelo fosse un competente conoscitore delle discipline olimpiche della sua epoca
e che da esse ne ricavasse metafore di pronta presa per far comprendere ai primi cristiani
in che modo tendere all’“alloro” della fede. San Paolo è, a ragione, il primo a creare
un legame fra sport e Chiesa, quando il primo non si chiamava ancora così e la seconda
viveva la sua alba. Con il Novecento, secolo in cui lo sport, grazie anzitutto alle
Olimpiadi, comincia ad accendere passioni globali, anche i Papi iniziano a soppesarne
la portata di fenomeno sociale di massa. Ma non ne tralasciano mai la dimensione etica
più elevata, come sottolineerà ad esempio Giovanni XXIII nell’udienza agli atleti
di 83 nazioni che riceve nell’agosto 1960, quando su Roma, assieme alla Cupola di
San Pietro, svettano i cerchi olimpici:
“Olympiorum certaminum decursu omnibus
vos… Nello sviluppo delle competizioni olimpiche darete a tutti un
esempio di sana competizione, senza invidia e spirito di contesa, nella lotta che
mostrerà la costanza e allegria serena, modesta vittoria, anche, consegnato nel lato
successo, le difficoltà tenaci e si rivelerà come atleti veri e vedrete gli spettatori
innumerevoli la verità del vecchio proverbio che ha raccomandato: una mente sana in
corpo sano”. (Udienza agli atleti olimpici, 24 agosto 1960)
Un ammonimento
paterno, quasi da saggio allenatore quello del “Papa Buono”, ma pieno di un’ammirazione
analoga a quella che mostrerà Paolo VI, nel luglio 1976, a Olimpiadi di Montréal appena
iniziate. Una conferma che San Paolo ha fatto scuola e che duemila anni dopo il magistero
più alto continua a considerare la sport fonte di efficaci parallelismi tra agone
del corpo e quello dell’anima:
“La sfera delle virtù naturali penetri quella
degli esercizi fisici e conferisca loro un valore umano superiore, quello morale,
fino a raggiungere quello sociale, internazionale, facendo delle Olimpiadi quasi una
celebrazione dell’amicizia fra i Popoli, una festa di Pace”. (Angelus, 18 luglio 1976)
Il
giovane Giovanni Paolo II, altro uomo di Chiesa che sa bene cosa sia lo sport, non
si distacca ovviamente dall’offrire una lettura cristiana del fenomeno, ma la sua
è una visione più vicina ai nostri tempi, in cui esaltazione delle virtù sportive
e denuncia di ciò che può corromperle sono facce della stessa medaglia. È il 1982
e davanti a lui sono i vertici del Comitato olimpico internazionale: ““Comme
manifestation de l’agir de l’homme…Come manifestazione dell’agire dell’uomo,
deve essere una scuola autentica e un’esperienza continua di lealtà, sincerità, fair-play,
sacrificio, coraggio, tenacia, solidarietà, disinteressamento, rispetto! Quando, nelle
competizioni sportive, vincono la violenza, l’ingiustizia, la frode, la sete di guadagno,
le pressioni economiche e politiche, le discriminazioni, allora lo sport è relegato
al rango di uno strumento di forza e denaro”. (Discorso al Comitato olimpico internazionale,
27 maggio 1982)
Il suggello più recente è di Benedetto XVI con il suo augurio
a Londra e ai suoi Giochi all’ombra del Big Ben. È lo scorso 22 luglio:
“Le
Olimpiadi sono il più grande evento sportivo mondiale, a cui partecipano atleti di
moltissime nazioni, e come tale riveste anche un forte valore simbolico. Per questo
la Chiesa Cattolica guarda ad esse con particolare simpatia e attenzione. Preghiamo
affinché, secondo la volontà di Dio, i Giochi di Londra siano una vera esperienza
di fraternità tra i popoli della Terra”. (Angelus, 22 luglio 2012)