Congo: per la società civile “oltre al Rwanda, anche l’Uganda appoggia l’M23”
Continuano i combattenti tra le forze armate congolesi, appoggiate dalle truppe Onu,
e i ribelli dell’M23, nel nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo.
Il coordinamento provinciale della società civile del nord Kivu denuncia l’appoggio
a fianco dei ribelli dell’M23 non solo di soldati rwandesi (come affermato pure da
un rapporto Onu, ma anche di militari dell’esercito regolare ugandese. “Abbiamo informazioni
verificate (sulla presenza di 6 veicoli militari ugandesi entrati nel nord Kivu) e
la potenza di fuoco dell’M23 lo attesta. Le informazioni che mettiamo a disposizione
delle autorità - riferisce l'agenzia Fides - devono essere preso sul serio. Attualmente
siamo di fronte ad un’aggressione rwandese-ugandese” ha affermato, secondo quanto
riporta RadioOkapi, il coordinatore della società civile del nord Kivu. Le prove sugli
appoggi del governo di Kigali all’M23 congolese ha spinto gli Stati Uniti a sospendere
l’aiuto militare al Rwanda, mentre secondo “The Guardian” la diplomazia di Washington
ha avvertito le autorità rwandesi che la Corte Penale Internazionale potrebbe aprire
un’inchiesta sul Presidente Paul Kagame e il suo entourage per il sostegno ai ribelli
congolesi accusati di crimini contro l’umanità. Sul piano militare la località di
Rumangabo, a circa 50 chilometri da Goma, che era stata occupata dai ribelli dai ribelli
di M23, è nuovamente sotto il controllo delle forze armate congolesi (Fardc), che
hanno anche riconquistato, secondo l’agenzia Misna, le città di Kiwanja e Rutshuru.
Gli scontri continuano nella zona di Kalengera, dove l’M23 ha ripiegato dopo l’offensiva
delle Fardc dei giorni scorsi, mentre la sede della missione Onu Monusco, dove si
erano rifugiate le comunità locali, è stata attaccata dai ribelli fuoriusciti dall’esercito
che hanno ucciso un bambino e ferito un militare indiano. Aumenta il numero degli
sfollati, che cercano rifugio anche nelle foreste. I portavoce della base Onu, molto
criticata dalla popolazione locale perché accusata di non fare abbastanza, riferiscono
che la Monusco sta predisponendo delle aree per l’accoglienza dei civili in fuga.
L’intera società congolese guarda con apprensione alla situazione nell’area colpita
dalle violenze, ed ha presentato un programma di sensibilizzazione dal titolo “Fronte
comune contro la balcanizzazione del Congo”, che prevede anche tutti i martedì a mezzogiorno
un minuto di silenzio per ricordare le vittime e auspicare la pace. (A.C.)