Conferenza internazionale sull'Aids. Mons. Vitillo: garantire l'accesso alle terapie
antiretrovirali
Si è chiusa a Washington la 19.ma Conferenza internazionale sull’Aids con un forte
richiamo all’azione. Il servizio di Elena Molinari:
Fare arrivare
cure antivirali ai 34 milioni di persone al mondo HIV positive non è solo un dovere
morale, ma anche il modo più efficace ed economico di contenere l’epidemia. Così si
sono espressi scienziati e gruppi di cura dei malati di Aids, anche religiosi, che
hanno dichiarato inaccettabile che i trattamenti esistenti non raggiungano le persone
che ne hanno più bisogno, soprattutto nei Paesi poveri dell’Asia e dell’Africa subsahariana.
E sebbene distribuire gli antiretrovirali possa apparire costoso, ricercatori di Harvard
hanno messo in evidenza come un investimento iniziale porterà a risparmi considerevoli
nei prossimi cinque anni sui costi delle cure. “Per ogni dollaro speso oggi in trattamento
per i più poveri ne otteniemo due in benefici sociali”, ha spiegato Rochelle Walensky
del centro per la ricerca sull’Aids di Harvard. Dalla conferenza è emersa anche la
necessità di rendere disponibili ancora più test gratuiti, anche nei Paesi industrializzati,
in modo che chi è infetto dal virus possa tenerlo sotto controllo. Persino negli avanzati
Stati Uniti, infatti, il 20 per cento dei sieropositivi non sa di esserlo e, oltre
a non curarsi, rischia di diffondere ulteriormente l’infezione.
Presente alla
Conferenza anche la Caritas. Per un’analisi di come sta andando la lotta all’Aids,
Debora Donnini ha intervistato mons. Robert Vitillo, consigliere speciale
per l’Aids della Caritas Internationalis:
R. - Ci sono
indicazioni molte positive. I rapporti degli studi che sono già stati condotti e presentati
in questa conferenza, indicano che con l’espansione dell’accesso al trattamento antiretrovirale,
sarebbe possibile nel futuro “avere una visione” dell’eliminazione dell’Hiv-Aids.
Certo è una speranza, ma è una speranza menzionata da vari relatori durante questa
conferenza.
D. - In questa conferenza si è fatto anche il punto sulle terapie
antiretrovirali, che permettono di ridurre di molto la mortalità e di migliorare le
condizioni di vita dei malati, però certo non ancora di debellare la malattia. Tali
terapie vengono fornite maggiormente nei Paesi sviluppati piuttosto che in quelli
meno sviluppati. Ma si stanno facendo progressi su questo fronte?
R. - Rapporti
recenti condotti dall’Unaids indicano che la metà delle persone che hanno bisogno
dell’accesso a questo tipo di terapie antiretrovirali, adesso possono usufruirne.
Dunque nel mondo ci sono 16 milioni di persone che necessitano della terapia e oggi
otto milioni vi hanno accesso. Questo è un passo in avanti, però la restante metà
ancora non ha accesso. Poi ora c’è anche la sfida della crisi economica globale, e
molti governi limitano i fondi per queste terapie. Con questa situazione si ha paura
che il numero di persone che hanno accesso alle cure antiretrovirali non aumenterà
nel futuro.
D. - Le persone che hanno difficoltà ad avere accesso a questi
farmaci si trovano soprattutto nei Paesi africani ..
R. - Soprattutto in questi
Paesi, perché naturalmente l’epicentro della pandemia rimane ancora nei Paesi africani,
ma ci sono anche altre regioni del mondo: ad esempio nel Sud-Est dell’Asia molta gente
non ha accesso alle cure, così come in molti Paesi dell’Europa dell’Est e dell’Asia
centrale.
D. - La Chiesa propone un approccio integrale al dramma dell’Aids.
Quali proposte concrete avete portato alla conferenza in questo senso?
R. -
Abbiamo parlato molto, sia durante la pre-conferenza cattolica sia durante la conferenza
internazionale, dell’approccio della Chiesa, la quale propone un tipo di approccio
centrato sulla persona in tutta la sua dignità, per promuovere un comportamento che
sia responsabile per se stessi e per gli altri. Naturalmente, menzioniamo sempre la
Dottrina della Chiesa che ammette che solamente all’interno del contesto del matrimonio,
si può avere un comportamento sessuale.
D. - Alla conferenza ci sono organizzazioni
che propongono l’uso dei preservativi come metodo attivo per prevenire l’Aids. La
Chiesa, invece, parla di fedeltà e di astinenza.
R. – Sì, la Chiesa propone
l’astinenza e la fedeltà all’interno del contesto del matrimonio, ma anche nel mondo
secolare, nel mondo scientifico, in quello medico, in risposta all’Aids, ci sono dei
dati che indicano che nei Paesi dove c’è stata una diminuzione del numero delle persone
che vivono con l’Hiv, questo era a causa di un comportamento più responsabile, quindi
di riduzione del numero dei partner sessuali e anche di aspettare ad iniziare una
vita sessuale.
D. - Un altro fronte importante in questa conferenza è il problema
della trasmissione dell’Aids dalla madre al bambino e di come eliminarla. Sono stati
fatti progressi a riguardo?
R. – Sì, ci sono stati progressi. Infatti, l’anno
scorso, durante una riunione di alto livello alle Nazioni Unite, è stata lanciata
questa nuova iniziativa riguardo l’eliminazione della trasmissione dalla madre al
bambino. E adesso, durante quest’anno, sono stati identificati 22 Paesi nel mondo,
21 dei quali in Africa più l’India, dove c’è il 90% della trasmissione. Sono stati
sviluppati piani nazionali per eliminare questa trasmissione, per diagnosticare l’Hiv
soprattutto nelle donne incinte, così da iniziare il trattamento antiretrovirale per
ridurre il livello del virus nel loro sangue ed eliminare quindi la possibilità di
trasmissione dell’infezione al bambino durante la gravidanza, il parto e anche dopo
con l’allattamento. Sono stati fatti molti progressi. Speriamo, entro il 2015, di
eliminare questo tipo di trasmissione in questi 22 Paesi.