Venti anni fa moriva Rita Atria, testimone di giustizia che collaborò con Borsellino
Oltre 300 giovani di ‘Libera’ hanno ricordato ieri nel ventennale della sua morte,
Rita Atria, la giovane testimone di giustizia nata in una famiglia mafiosa che si
suicidò a Roma, dove viveva sotto tutela, una settimana dopo l’attentato al giudice
Paolo Borsellino, il primo a raccogliere le sue rivelazioni. Sulle commemorazioni
in corso ci riferisce Alessandra Zaffiro: “Noi siamo qui proprio
per guardare alla vita e alla morte di Rita con il cuore, non per capire, ma per accettare;
non per giudicare, ma per riconciliare; non per maledire, ma per custodire la memoria;
non per contrapporre, ma per pacificare”. E’ un passo dell’omelia pronunciata da mons.
Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo che, nella chiesa madre di Partanna,
ha presieduto la Messa in ricordo di Rita Atria, concelebrata da don Luigi Ciotti,
presidente di ‘Libera’. “Dopo vent’anni da quel 26 luglio 1992 osiamo sperare e per
questo preghiamo – ha aggiunto mons. Mogavero - che si chiuda un capitolo assai doloroso
della storia recente. La celebrazione eucaristica in suffragio di Rita, ci ottenga
di riconciliare la memoria del passato con l’impegno del presente nel combattere ogni
forma di mafiosità per affermare il valore della pacifica convivenza dei cittadini,
fondata nella giustizia e nella promozione di rapporti umani animati dalla fraternità”.
Rita Atria sarà ricordata con l’impegno della cooperativa a lei intitolata, promossa
dalla diocesi di Mazara del Vallo e da ‘Libera’ che, dopo l’estate, inizierà a coltivare
i terreni confiscati alla mafia.