Siria. Aleppo, esercito pronto all'offensiva finale. L'Acnur: è emergenza profughi
In Siria si stringe il cerchio intorno alla città di Aleppo, polo economico del Paese.
L’esercito ha ammassato le truppe nella zona e sarebbe imminente la battaglia finale
dopo giorni di combattimenti con i ribelli. Intanto il governo ha ammesso le diserzioni
di tre diplomatici siriani all’estero. A preoccupare è però l’emergenza umanitaria,
migliaia le perone in fuga. Al microfono di Benedetta Capelli, Laura Boldrini,
portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati, fa il punto della situazione:
R. – E’ difficile
avere una fotografia precisa di quanti siriani siano fuggiti dal loro Paese e questo
perché non tutti si registrano con l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati. Le stime che noi abbiamo, quindi, non comprendono tutte le
persone in fuga. A noi risulta che siano circa 150 mila le persone fuori dalla Siria,
ma a questi vanno ad aggiungersi un milione e mezzo di sfollati interni, le persone
cioè costrette a lasciare le proprie case, ma che non hanno attraversato la frontiera:
si sono quindi spostati da una città all’altra all’interno della Siria.
D.
– Giordania, Libano, Iraq e Turchia sono i Paesi che stanno accogliendo i profughi
e, tra l’altro, nei giorni scorsi la Turchia ha chiuso le frontiere ma ha aperto dei
corridoi per i profughi. E’ un segnale, anche questo, importante e di sensibilità…
R.
– A oggi dobbiamo dire sì e noi siamo molto grati ai Paesi confinanti perché hanno
tutti tenuto le frontiere aperte. Per quanto riguarda la Turchia, abbiamo avuto ampie
rassicurazioni che si tratta di una chiusura per i mezzi commerciali. Devo inoltre
ricordare che c’è una situazione ancora più critica, quella che riguarda i rifugiati
iracheni che vivevano in Siria. Oggi, gli stessi iracheni stanno ritornando nel loro
Paese di origine, ne sono già rientrati almeno 10 mila. A Damasco, poi, c’è ora una
situazione in cui anche civili fuggiti da altre città – tipo Homs – e approdati nella
capitale, dopo i bombardamenti sono dovuti scappare di nuovo. Ci sono decine di scuole
che sono state allestite come dormitori, così come nei parchi pubblici sono stati
messi degli alloggi di fortuna. In Turchia, invece, l’accoglienza è più nei campi:
ce ne sono oltre 10 allestiti dalle attività turche. La situazione è quindi più gestita
a livello centrale, ma in altri Paesi – come la Giordania, il Libano – è tutto molto
più diffuso e sulle spalle anche dei privati, degli amici e dei parenti di queste
persone.
D. – Nei giorni scorsi, l’Unione Europea ha stanziato 20 milioni
di euro per i profughi siriani: ma quali sono i bisogni e soprattutto come è possibile
aiutare?
R. – Dobbiamo dire che siamo preoccupati anche per la situazione economica
e finanziaria: all’appello che abbiamo fatto di 192 milioni di dollari, solo il 26
per cento dei fondi sono stati stanziati. Una cifra veramente bassissima, che non
consente di mantenere neanche il livello di assistenza che in certi casi è totale:
dai viveri all’alloggio, all’acqua, alle cure mediche. In alcuni casi, c’è solo l’assistenza
umanitaria fornita dalle agenzie internazionali: se manca questo per la gente è difficile
farcela. Quello che stupisce è che, data la gravità della situazione e il fatto che
non si trovi una via per sbloccarla – e va sbloccata a livello politico – neanche
a livello umanitario c’è una risposta capace di sopperire almeno ai bisogni primari.