2012-07-26 13:59:40

Siria. Aleppo, esercito pronto all'offensiva finale. L'Acnur: è emergenza profughi


In Siria si stringe il cerchio intorno alla città di Aleppo, polo economico del Paese. L’esercito ha ammassato le truppe nella zona e sarebbe imminente la battaglia finale dopo giorni di combattimenti con i ribelli. Intanto il governo ha ammesso le diserzioni di tre diplomatici siriani all’estero. A preoccupare è però l’emergenza umanitaria, migliaia le perone in fuga. Al microfono di Benedetta Capelli, Laura Boldrini, portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati, fa il punto della situazione:RealAudioMP3

R. – E’ difficile avere una fotografia precisa di quanti siriani siano fuggiti dal loro Paese e questo perché non tutti si registrano con l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Le stime che noi abbiamo, quindi, non comprendono tutte le persone in fuga. A noi risulta che siano circa 150 mila le persone fuori dalla Siria, ma a questi vanno ad aggiungersi un milione e mezzo di sfollati interni, le persone cioè costrette a lasciare le proprie case, ma che non hanno attraversato la frontiera: si sono quindi spostati da una città all’altra all’interno della Siria.

D. – Giordania, Libano, Iraq e Turchia sono i Paesi che stanno accogliendo i profughi e, tra l’altro, nei giorni scorsi la Turchia ha chiuso le frontiere ma ha aperto dei corridoi per i profughi. E’ un segnale, anche questo, importante e di sensibilità…

R. – A oggi dobbiamo dire sì e noi siamo molto grati ai Paesi confinanti perché hanno tutti tenuto le frontiere aperte. Per quanto riguarda la Turchia, abbiamo avuto ampie rassicurazioni che si tratta di una chiusura per i mezzi commerciali. Devo inoltre ricordare che c’è una situazione ancora più critica, quella che riguarda i rifugiati iracheni che vivevano in Siria. Oggi, gli stessi iracheni stanno ritornando nel loro Paese di origine, ne sono già rientrati almeno 10 mila. A Damasco, poi, c’è ora una situazione in cui anche civili fuggiti da altre città – tipo Homs – e approdati nella capitale, dopo i bombardamenti sono dovuti scappare di nuovo. Ci sono decine di scuole che sono state allestite come dormitori, così come nei parchi pubblici sono stati messi degli alloggi di fortuna. In Turchia, invece, l’accoglienza è più nei campi: ce ne sono oltre 10 allestiti dalle attività turche. La situazione è quindi più gestita a livello centrale, ma in altri Paesi – come la Giordania, il Libano – è tutto molto più diffuso e sulle spalle anche dei privati, degli amici e dei parenti di queste persone.

D. – Nei giorni scorsi, l’Unione Europea ha stanziato 20 milioni di euro per i profughi siriani: ma quali sono i bisogni e soprattutto come è possibile aiutare?

R. – Dobbiamo dire che siamo preoccupati anche per la situazione economica e finanziaria: all’appello che abbiamo fatto di 192 milioni di dollari, solo il 26 per cento dei fondi sono stati stanziati. Una cifra veramente bassissima, che non consente di mantenere neanche il livello di assistenza che in certi casi è totale: dai viveri all’alloggio, all’acqua, alle cure mediche. In alcuni casi, c’è solo l’assistenza umanitaria fornita dalle agenzie internazionali: se manca questo per la gente è difficile farcela. Quello che stupisce è che, data la gravità della situazione e il fatto che non si trovi una via per sbloccarla – e va sbloccata a livello politico – neanche a livello umanitario c’è una risposta capace di sopperire almeno ai bisogni primari.







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