Londra. Rapporto Commissione episcopale tutela infanzia. Intervista con il presidente
Sullivan
È stato presentato ieri mattina a Londra, presso la sede della Conferenza episcopale
di Inghilterra e Galles, il quarto Rapporto della Commissione cattolica nazionale
per la Tutela dell’Infanzia, creata nel 2008 dagli stessi vescovi britannici. La collega
della redazione inglese della nostra emittente, Philippa Hitchen, ha intervistato
il presidente della Commissione, Danny Sullivan:
R. – I think
there will be three areas… Penso ci siano tre aree in particolare sulle quali riflettere,
perché in esse abbiamo avuto un’evoluzione positiva. Una riguarda il lavoro svolto
con gli Istituti e le comunità religiose, nella misura in cui attualmente la maggior
parte di essi, in Inghilterra, hanno stabilito di unirsi a costituire commissioni
di tutela a livello diocesano, piuttosto che operare separatamente. Questi Istituti
e comunità religiose – che gestiranno le loro commissioni di tutela e salvaguardia
e che sono da noi approvate – dovranno osservare gli stessi criteri osservati dalle
commissioni di tutela diocesane e saranno esse stesse sottoposte a verifica da parte
nostra. Ciò rappresenta uno sviluppo importante all’insegna di un’unica Chiesa, perché
significa che l’impegno per la tutela non sarà più dispersivo, sarà molto più coeso
e anche dal punto di vista teologico: c’è un’unica istituzione che opera in questo
ambito.
D. – In parziale risposta alle vittime e ai sopravvissuti, state sviluppando
quello che voi chiamate un “percorso di cura”. Ci vuole spiegare cosa comprende tale
percorso e quale accoglienza ha avuto questa iniziativa presso i gruppi delle vittime?
R.
– Adrian Child, the director of our “Safeguarding Advisory Service”, has done… Adrian
Child, il direttore del Servizio di consulenza per la tutela, ha fatto la maggior
parte del lavoro. In corso d’opera, naturalmente, ha collaborato con i rappresentanti
di gruppi di vittime al fine di identificare i requisiti di questo “percorso di cura”.
Tra i primi risultati, abbiamo prodotto un opuscolo che sarà disponibile nelle parrocchie
e nelle diocesi e che è rivolto a chiunque possa avere subito abusi, per indicare
come affrontare una situazione del genere, a chi si possa rivolgere, cosa possa fare.
L’argomento è affrontato in termini molto chiari come sono le chiare le indicazioni,
perché, vede, molto spesso le persone non sanno cosa fare: sono talmente traumatizzate
dall’esperienza vissuta da sentirsi perse, non sanno più cosa fare né di chi fidarsi.
Quindi, parte di questo percorso di cura vuole intanto informare le persone su quello
che possono fare, a chi possono rivolgersi e in quale modo possano essere supportate.
Questo è ciò che continueremo a fare anche l’anno prossimo: continueremo il dialogo
con i gruppi di vittime per assicurarci che in questo senso siano assistiti nel modo
giusto e sicuro.
D. – Avete tenuto una Conferenza anche all’inizio dell’anno
sull’impatto a lungo termine dell’abuso sulle vittime. Quali le conclusioni?
R.
– I think that was just helping opening up to people that the implications… Credo
sia servita intanto a far sapere alla gente che ci sono implicazioni a lungo termine
per le persone che hanno subito abusi, e che questa esperienza rimane parte della
vita per sempre e che ci vuole tanto tempo prima che avvenga la guarigione. Penso
che quella Conferenza abbia aiutato la gente in parte a comprendere che la salvaguardia
non è un’iniziativa del momento: è un progetto che va avanti. E’ per questo che ne
va considerato anche l’aspetto teologico, perché la Chiesa deve affrontare questa
situazione anche da un punto di vista teologico. Tutelare e proteggere i giovani e
i bambini è parte del nostro ministero e della nostra vocazione di cristiani e di
cattolici, nella pastorale della vita delle comunità religiose e della parrocchia.