Sempre gravissima la situazione in Siria. Nel fine settimana all’avanzata delle milizie
ribelli ha fatto seguito la controffensiva dell’esercito lealista, che ha riconquistato
importanti posizioni soprattutto nella capitale Damasco. Drammatico il bilancio delle
vittime: 1260 morti nell’ultima settimana, 19 mila dall’inizio della guerra civile
secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Nuova denuncia di atrocità da
parte degli attivisti antiregime. Trovati corpi di giovani fra i 20 e i 30 anni uccisi
a colpi di pistola. Il primo ministro del Qatar invita il dittatore ad andarsene "in
cambio di un'uscita sicura"
Il servizio di Marina Calculli:
La controffensiva
delle forze del regime non si ferma. I ribelli retrocedono, sarebbero adesso confinati
nel quartiere di al-Maizan mentre i soldati di Assad hanno riconquistato la maggior
parte della capitale a suon di bombardamenti. Anche ad Aleppo si combatte e forze
della resistenza hanno preso ieri il controllo di un secondo valico alla frontiera
con la Turchia, dopo quello già occupato giovedì. La violenza ha ormai raggiunto livelli
incontrollabili. Solo nell’ultima settimana sarebbero circa 1.260 i morti secondo
l’Osservatorio siriano per i diritti umani, 19.000 dall’inizio della guerra civile.
Sale intanto la tensione internazionale. Ankara ha rinforzato la difesa militare già
schierata in posizione antisiriana al confine. Una batteria di missili terra aria
e nuovi veicoli militari sono stati disposti. Israele si prepara invece all’eventualità
di bombardare gli arsenali chimici di Assad. Per ora – dice Tel Aviv – il regime li
controlla nel migliore dei modi. Ma la paura è che finiscano nelle mani di Al-Qaeda
oppure di Hezbollah.
E in Siria si aggrava la situazione umanitaria, oggi
al centro a Bruxelles della riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea.
Prosegue infatti la fuga dei civili dal Paese, ieri 9 mila persone sono arrivate nel
Kurdistan iracheno, oltre 2mila in Giordania. Nei giorni scorsi al confine con il
Libano sono arrivate 30 mila profughi. Abbiamo intervistato Najla Chahda,la responsabile di Caritas Libano, raggiunta telefonicamente al confine con la
Siria: