Più della metà degli italiani non legge neanche un libro all'anno
I dati sulla lettura di libri in Italia, raccolti da Istat e relativi al 2011, sono
allarmanti: più della metà degli italiani non legge neanche un libro all’anno. Nonostante
le iniziative che si svolgono da tempo per la promozione della lettura, la percentuale
dei non lettori si mantiene stabile. Per approfondire la questione, Angelica Ciccone
ha intervistato Alessandro Zaccuri, critico letterario, scrittore e giornalista
culturale del quotidiano Avvenire:
R. – C’è, in
Italia, una disaffezione storica alla lettura. L’Italia ha sempre avuto un indice
di lettura abbastanza sconfortante. Una possibile spiegazione, purtroppo, ancora una
volta è dovuta alla crisi economica. Erroneamente si pensa che la lettura sia una
specie di genere d’intrattenimento. In tempi di crisi, si tagliano i consumi legati
alle spese voluttuarie e ci vanno di mezzo, purtroppo, anche i libri. Negli ultimi
anni, il mercato del libro è stato inondato da prodotti che sollecitavano al disimpegno
da parte del lettore. Se il lettore non è educato a riconoscere nel libro un valore
e uno strumento per comprendere la realtà anche in momenti difficili come quelli che
stiamo vivendo, è chiaro che al libro ci rinuncia.
D. – Quasi il 55 per cento
degli italiani, dai 6 anni in su, non ha letto neanche un libro nell’ultimo anno.
Eppure cresce il numero delle opere pubblicate fino al 10 per cento in più. Siamo
un popolo di scrittori, ma non di lettori?
R. – Siamo da sempre un popolo di
scrittori più che di lettori e mi verrebbe da fare la battuta che siccome non siamo
un popolo di lettori, molti libri che vengono pubblicati denunciano questa mancanza.
Prima di scrivere, uno si deve educare bene a leggere. Deve avere un gusto formato,
deve capire cosa sta cercando di fare. L’Italia è comunque un Paese che ha una minoranza
qualificata di lettori forti: quelli che leggono sei, dieci, dodici libri all’anno
sono un manipolo non molto consistente numericamente, ma estremamente agguerrito,
che finora ha tenuto il livello del mercato editoriale del nostro Paese alla pari
con altri grandi Paesi europei. E’ chiaro che questi lettori, anche loro, sentono
il peso della crisi economica. Può darsi che non abbiano in realtà smesso di leggere,
ma senz’altro hanno smesso di comprare. Hanno magari riscoperto il prestito bibliotecario,
ma anche semplicemente il fatto di passarsi un libro da amico ad amico. Questo però
è un tipo di uso sommerso del libro, che sfugge almeno in parte alle statistiche.
D.
– Il ministro Ornaghi l’altro giorno ha affermato che un Paese in cui si legge poco
è un Paese che ha una scarsa possibilità di vivere dignitosamente negli anni a venire.
Quanto la lettura potrebbe essere invece uno strumento di rinascita?
R. – Leggere
è senz’altro un elemento di rinascita e anzitutto un elemento di consapevolezza per
capire meglio il nostro presente. Il problema, ancora una volta, è se noi vogliamo
legarci ad un’immagine un poco retorica del fatto che va sempre bene leggere oppure
se vogliamo avere il coraggio - e credo che l’invito del ministro Ornaghi vada inteso
in questo senso – di andare a cercare i libri da cui il nostro presente può essere
illuminato e il nostro futuro può essere nutrito. Bisogna anche confrontarsi con testi
che possono apparire un po’ più difficili di quelli che circolano maggiormente, bisogna
anche nella lettura imparare a scegliere, proprio perché il libro è diventato un bene
rispetto al quale mi faccio una domanda o due prima di comprarlo, perché costa, perché
è un piccolo investimento. Scegliamo meglio e leggiamo meglio ancora.