Iraq, sale a 111 morti il bilancio degli attentati. Padre Basa: mai dimenticare i
popoli che soffrono
Una serie di attentati ha colpito ieri 18 località dell’Iraq, provocando 111 morti
e almeno 230 feriti. Gli attacchi non sono ancora stati rivendicati, ma i sospetti
si concentrano sull’ala locale di Al Qaida. Roberta Gisotti ha raccolto la
testimonianza di padre Rebwar Audish-Basa procuratore generale dell’Ordine
Antoniano di Sant’Ormisda dei Caldei:
R. - Ci dispiace
veramente che ogni volta cadano tante vittime a causa di questa violenza che non finisce
mai. Purtroppo, la situazione in Iraq non è ancora stabile: ci sono molti conflitti
tra le diverse parti anche a livello internazionale, ma le vittime sono la gente povera,
gli iracheni che cercano di riprendere la vita. Non possiamo dire esattamente chi
opera questa violenza, però noi preghiamo Dio perché questa violenza finisca sia in
Iraq che in tutto il Medio Oriente.
D. - Quali scenari politici o anche di
ripartizione dei poteri religiosi, che entrano in merito alla politica, sono ipotizzabili
al momento?
R. - Non posso dire niente della politica perché non ho un’idea
molto precisa su questo. Noi difendiamo i diritti umani di tutte le persone, però
purtroppo la democrazia in Iraq non è ancora molto stabile e speriamo migliori.
D.
- Quale situazione si prospetta per i cristiani che ancora sono rimasti nel Paese?
R.
– Veramente, anche il cuore di coloro che sono fuori è sempre in Iraq. Fin dagli inizi
in Iraq c’è la presenza dei cristiani che hanno vissuto tanti momenti difficili e
persecuzioni per duemila anni; speriamo che il cristianesimo rimarrà sempre in Iraq
perché l’Iraq è il Paese dove è partito Abramo, il padre della fede, e quindi noi
speriamo che la nostra presenza rimanga nonostante la violenza. Cerchiamo di dare
la testimonianza di pace, di amore, che ci ha insegnato nostro Signore e chiediamo
la solidarietà della Chiesa universale, di pregare anche per noi perché possiamo continuare
questa missione difficile. In questo tempo, noi non solo viviamo la nostra fede ma
la condividiamo con i nostri fratelli musulmani, con solidarietà, che anche loro vivono
tempi difficili. Per esempio, durante questo mese di Ramadan i cristiani nei mercati,
nei posti pubblici non bevono acqua, rispettando le tradizioni dei musulmani, che
in questo periodo praticano il digiuno… Noi cerchiamo sempre di dare questa testimonianza
di non violenza, di amore, che ci ha insegnato Gesù Cristo soprattutto quando stava
sulla croce.
D. - Padre Basa, è importante che si parli dell’Iraq nei media
nel mondo e anche che si facciano emergere testimonianze come la sua?
R. –
Sinceramente, è sempre importante non dimenticare i popoli che soffrono, per esempio
l’Iraq, ma anche in tutte quelle parti del mondo dove soffrono i cristiani e danno
la loro testimonianza, tante volte anche nel silenzio, e non hanno nessuno che li
ricorda. Quindi parlare dei cristiani in Iraq, parlare dei loro diritti, è una cosa
essenziale. Ringraziamo Radio Vaticana che non ci dimentica mai.