Indonesia: ad Aceh i cristiani protestano per una chiesa bruciata
Cresce la preoccupazione fra i cristiani della provincia di Aceh, vittime di una serie
di recenti attacchi da parte di gruppi estremisti o di sconosciuti. Alle violenze
si unisce la politica delle autorità locali che, invece di fermare gli assalti, continua
ad emettere provvedimenti di chiusura di chiese e luoghi di culto per la (presunta)
assenza del permesso di costruzione, necessario in Indonesia per realizzare un edificio
(religioso e non). In un documento pubblicato in questi giorni, il movimento cristiano
Alliance of United North Sumatra denuncia che dal maggio scorso sono stati messi i
sigilli ad almeno 20 chiese domestiche o cappelle di preghiera da parte dei funzionari
della reggenza di Singkil. Tra queste, una decina appartenevano alla comunità Pakpak
Dairi Christian Protestant Church (Gkppd) e quattro erano cattoliche. In un comunicato
diffuso oggi, i leader della Alliance of United North Sumatra affermano che gli attacchi
sono causa di "crescente preoccupazione", dato che non vi sono "tutele o riconoscimenti"
per tutti i gruppi religiosi fra cui le minoranze. In particolare a Singkil la situazione
è in continuo peggioramento, con palesi violazioni alla libertà religiosa che "è un
diritto riconosciuto in via ufficiale dalla nostra Costituzione". I leader cristiani
puntano inoltre il dito contro il governo centrale a Jakarta, che non interviene nei
riguardi delle singole amministrazioni locali che violano i diritti e le libertà dei
cittadini, compresi i non musulmani. Nel documento ufficiale viene anche ricordato
l'ultimo episodio di violenze nella reggenza di Singkil, avvenuto lo scorso 18 luglio.
Alle prime luci dell'alba la casa di preghiera della comunità Pakpak Dairi Christian
Protestant Church (Gkppd) è stata assaltata e data alle fiamme da un gruppo di sconosciuti.
Nel rogo sono andate distrutte alcune panchine e diversi strumenti musicali, ma il
pronto intervento dei fedeli ha scongiurato la completa devastazione dell'edificio.
All'interno della struttura sono stati rinvenuti circa 15 litri di benzina; finora
gli inquirenti non hanno individuato alcun colpevole. La provincia di Aceh, la più
occidentale dell'arcipelago di Indonesia, è anche l'unica in cui vige la shariah;
il rispetto delle regole è inoltre assicurato dalla presenza per le strade della "polizia
della morale", un corpo speciale che punisce le violazioni al costume. In passato
sotto la guida del governatore Irwandy Yusuf - capo della guerriglia - vigeva una
relativa calma e armonia interreligiosa fra maggioranza musulmana e "stranieri" di
diverse confessioni non islamiche. Tuttavia, negli ultimi tempi la situazione è cambiata:
sono iniziati gli attacchi contro le minoranze religiose, l'ala fondamentalista ha
guadagnato sempre più potere e libertà di azione. Alle elezioni dello scorso aprile
ha trionfato Zaini Abdullah, anch'egli leader della guerriglia separatista a lungo
in esilio in Svezia, che ha promesso lotta alla corruzione e applicazione della legge
islamica. Ed è proprio la rigida applicazione della shariah una delle condizioni poste
dai ribelli indipendentisti a Jakarta, per mettere fine alla guerra armata. A testimonianza
della crescente tensione interreligiosa, nel recente passato l'area è stata teatro
di attacchi e violenze contro le comunità cristiane, che hanno portato alla chiusura
dei luoghi di culto. Alle violenze si sono aggiunte le chiusure di chiese e luoghi
di culto nella zona, disposte dalle autorità per la mancanza del permesso di costruzione
degli edifici (il famigerato Imb, Izin Mendirikan Bangunan). (R.P.)