Il Papa agli Istituti secolari: “Abbracciate con carità le ferite del mondo e della
Chiesa”
Gli Istituti secolari alimentino “sguardi capaci di futuro e radici salde in Cristo”
abbracciando “con carità le ferite del mondo e della Chiesa”: è questo il cuore del
Messaggio inviato da Benedetto XVI ai membri degli Istituti secolari, riuniti ad Assisi
fino al 26 luglio per il loro Congresso, dedicato al tema “In ascolto di Dio ‘nei
solchi della storia’: la secolarità parla alla consacrazione”. Il servizio di Isabella
Piro:
“Uomini e
donne capaci di uno sguardo profondo e di buona testimonianza dentro la storia”: così
Benedetto XVI definisce i consacrati, nel Messaggio inviato loro tramite il segretario
di Stato, Tarcisio Bertone. In un tempo come quello attuale, che “pone alla vita e
alla fede interrogativi profondi”, scrive il Papa, guardando allo Spirito Santo i
consacrati possono seguire la propria vocazione, ovvero “stare nel mondo assumendone
tutti i pesi e gli aneliti, con uno sguardo umano che coincida sempre più con quello
divino”. In questo senso, infatti, sottolinea il Santo Padre, l’identità dei consacrati
rivela la loro importante missione nella Chiesa, ovvero “aiutarla a realizzare il
suo essere nel mondo”, perché attraverso la “teologia della storia, parte essenziale
della nuova evangelizzazione”, gli uomini di oggi possono ritrovare quello sguardo
“veramente libero e pacifico sul mondo” di cui hanno bisogno.
Di qui, il richiamo
centrale che il Papa fa al fatto che “la relazione tra Chiesa e mondo” va vissuta
“nel segno della reciprocità”, così che “non è solo la Chiesa a dare al mondo, contribuendo
a rendere più umani” gli uomini e la loro storia, ma “è anche il mondo a dare alla
Chiesa”, in modo che essa possa “comprendere meglio se stessa” e “vivere meglio la
sua missione”. Poi, Benedetto XVI indica tre ambiti specifici in cui gli Istituti
secolari devono puntare la loro attenzione: la “donazione totale” all’incontro personale
con “l’amore di Dio”, la “vita spirituale” - definita “un punto fermo e irrinunciabile”
che implica il “riportare a Cristo ogni cosa”, e che si alimenta nella preghiera e
nell’ascolto della Parola di Dio, “per costruire speranza e fiducia” - quindi la
formazione, intesa come l’educazione a “quella saggezza che è sempre consapevole della
centralità umana e della grandezza del Creatore”. Questo tipo di cultura, evidenzia
Benedetto XVI, rende laici e presbiteri “capaci di lasciarsi interrogare dalle complessità
del mondo” di oggi e di “impegnarsi in un discernimento della storia alla luce della
Parola di Vita”.
Di qui, le esortazioni che il Pontefice lancia agli Istituti
secolari, ovvero: essere “disponibili a costruire percorsi di bene comune, senza soluzioni
preconfezionate, sempre pronti a mettere in gioco la propria vita”, essere creativi
secondo lo Spirito Santo, alimentare “sguardi capaci di futuro e radici salde in Cristo”
e “abbracciare con carità le ferite del mondo e della Chiesa”. L’obiettivo, in fondo,
è quello di “vivere una vita gioiosa e piena, accogliente e capace di perdono, perché
fondata su Gesù Cristo”.