La crisi spagnola preoccupa i mercati. Draghi: euro irreversibile. Schaeuble: l'Italia
non avrà problemi
La difficile situazione economica della Spagna, che ha portato allo stanziamento da
parte dell’Eurogruppo di 100 miliardi in favore delle banche iberiche, desta grande
preoccupazione in vista della riapertura, lunedì prossimo, dei mercati. Per L’Europa
si teme anche il concretizzarsi del rischio di contagio della crisi. Il presidente
della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha comunque sottolineato che l’euro non
è in pericolo. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha aggiunto
inoltre che l’Italia “non avrà problemi”. Sulle cause della crisi in Spagna, Amedeo
Lomonaco ha intervistato il prof.Nicola Borri, docente di Economia
Politica all’Università Luiss di Roma.
R. – La causa
principale del dissesto della Spagna è legato ai fortissimi investimenti nel settore
immobiliare che hanno caratterizzato quel Paese negli ultimi 10 anni. Questo settore
era caratterizzato da una vera e propria “bolla”. Attualmente il settore è completamente
bloccato. I costruttori non stanno più ripagando i loro debiti. Questo ha messo in
gravissime difficoltà le banche spagnole. Questa rottura del canale di trasmissione
fra banche ed economia ha portato, sostanzialmente, ad un blocco totale del Paese.
D.
– Le cause sono diverse, i sintomi però sembrano simili. Aumentano le analogie fra
Spagna e Grecia…
R. – Ci sono delle analogie, anche se la situazione è diversa.
L’economia greca era caratterizzata, e in parte lo è ancora, da una struttura produttiva
molto debole. Quindi era un’intera economia che aveva bisogno di fortissime e importantissime
riforme strutturali. L’economia spagnola, almeno in parte, era un’economia che funzionava
meglio. Tuttavia, aveva questo grande problema legato alla bolla del settore immobiliare.
Il sistema bancario spagnolo al momento si regge semplicemente grazie all’aiuto della
Banca centrale europea.
D. - Quali altri passi si devono abbinare, a questo
punto, proprio al programma di aiuti dell’Eurogruppo per evitare che ci sia la bancarotta,
che il sistema bancario spagnolo collassi?
R. – Queste risorse, benché molto
ingenti, non possono risolvere il problema di fondo che al momento colpisce la Spagna,
la Grecia ma anche l’Italia: la mancanza di fiducia degli investitori, soprattutto
stranieri, nei confronti di un sistema euro che è privo di una politica fiscale, e
non solo, comune. Quindi per risolvere il problema di fondo sarà necessario pensare,
per esempio, ad un bilancio comune dell’Unione Europea o dell’eurozona con tasse comuni
con obbligazioni sovrane per cui i Paesi europei saranno responsabili. Se questa sarà
la scelta, probabilmente non immediatamente ma comunque nel medio termine, la situazione
a mio modo di vedere potrà migliorare; altrimenti, non credo che si potrà andare avanti
con una moneta unica e un’eurozona.
D. - Ora il rischio del contagio spaventa
l’Europa e in particolare l’Italia…
R. – Sì, la situazione dell’Italia è ancora
diversa a mio modo di vedere dalla Spagna e dalla Grecia perché comunque ha una situazione
di bilancio, a livello di Paese, che tutto sommato non è troppo negativa; la Spagna,
ad esempio, non riesce a mantenere un target di deficit del 6 per cento circa, mentre
l’Italia è invece quasi in pareggio. Tuttavia l’Italia, a differenza di Spagna e Grecia,
ha un debito enorme. E questa è la grande paura dei mercati: il fatto che l’Italia,
da un giorno all’altro, potrebbe non riuscire a rifinanziare il proprio debito. Io
credo che la grande paura nei mercati sia stata suscitata dalla grande incertezza
politica che in questo momento caratterizza l’Italia, ovvero il fatto che attualmente
abbiamo un governo, il governo Monti, ma presto ci saranno le elezioni. E non è assolutamente
chiaro quali saranno gli schieramenti, se ci sarà una legge elettorale che garantirà
la governabilità o, se invece, l’Italia potrebbe avere la stessa esperienza della
Grecia in cui, dopo un’elezione, non c’è nessun vincitore.
D. – Oltre al debito
pubblico, ai timori per la crisi in Spagna, ai livelli record dello spread, è anche
la situazione economica in Sicilia a destare preoccupazione. Standard and Poor’s ha
confermato il rating BBB+ della Sicilia provvedendo però a sospenderlo a causa della
mancanza di informazioni sufficienti da parte della regione. I fronti che destano
preoccupazione sono molteplici…
R. – I fronti sono molteplici. La questione
siciliana, a mio modo di vedere, è molto seria perché da un lato c’è un rating per
la Sicilia che però si riferisce alle obbligazioni, al debito siciliano scambiato
sui mercati. Però c’è un altro debito implicito della regione siciliana che è nei
confronti delle decine di migliaia di dipendenti regionali e l’agenzia di rating non
valuta questo debito implicito. Il rischio è che dietro i bilanci molto complessi
della regione siciliana si possa nascondere una situazione di difficoltà. Questo un
po’ ci ricorda quello che è successo, solo qualche giorno fa, nella provincia di Valencia
in Spagna cha ha sostanzialmente fatto default e ha costretto il governo spagnolo
ad un intervento di circa 18 miliardi di euro che ha contribuito ad aumentare la grande
incertezza dei mercati nei confronti della Spagna. Noi dobbiamo evitare che questo
accada. E’ bene che la regione Sicilia sia molto chiara sui propri attivi, sui propri
passivi, sui rischi, in modo tale che i mercati e gli investitori possano con contezza
prendere le proprie decisioni.
In questi giorni decine di migliaia di persone
sono scese in piazza, in Spagna, per manifestare contro i tagli e le misure di austerità
adottate dal governo di Madrid. Nel pomeriggio, sono previste due marce di gruppi
di disoccupati per chiedere “un vero cambio nella gestione politico-amministrativa,
economica e sociale del Paese”. Si tratta di proteste alimentate da un senso di inquietudine
crescente, come sottolinea un imprenditore spagnolo che si sofferma sulle conseguenze
di questa crisi:
R. – Penso che
questa sia una ennesima cattiva gestione della situazione, nel senso che la Spagna
non è Belfast, questo non è l’Ulster… Semplicemente c’è della gente che è molto arrabbiata,
logicamente, soprattutto perché le tante proposte di soluzione che la classe politica
sta proponendo, non fanno altro che mettere la gente in ginocchio. Gli ultimi provvedimenti
del governo di Madrid sono stati quelli di alzare l’Iva e togliere la tredicesima
a tutti i funzionari spagnoli. E’ ovvio che la gente si arrabbi! A tutto questo aggiungiamo
che abbiamo una quantità tale d’informazione che alla fine siamo disinformati, perché
si raccontano un sacco di storie a pezzetti, ma praticamente non esistono le persone,
le istituzioni o i mezzi di comunicazione che sappiano fare un riassunto intellettuale,
che spieghi alla gente cosa sta accadendo e, soprattutto, cosa si deve fare. Il governo
spagnolo, invece di dire che vuole far aumentare l’Iva e levare la tredicesima - che
è un modo indiretto per dire che è andato in rovina - potrebbe dire direttamente alla
gente che il Paese è in default, che devono essere fatte delle cose, che dobbiamo
metterci tutti insieme e andare avanti. Poi per quanto riguarda la cattiva gestione,
c’è gente che manifesta. I politici e il governo spagnolo, per una ragione o l’altra,
hanno deciso che i manifestanti non devono avvicinarsi al parlamento spagnolo, devono
rimanere ad un chilometro di distanza dal parlamento spagnolo. Questo cosa significa?
Che la Polizia fa i blocchi stradali? E perché? Perché ci sono 2-3 mila persone che
ogni giorno si vogliono lamentare della situazione, cosa che è accaduta sempre e non
è mai successo niente per questo! Se a questo aggiungiamo che si blocca il centro
di Madrid per evitare che questa gente si rechi là, ecco che arriva il fotografo fa
la foto e sembra che siamo in una città presa dall’ira popolare. Questa non è la realtà!
Questo non rispecchia la realtà: questa è una cattiva gestione di questa situazione.
D. – In questi giorni si susseguono analisi, anche previsioni sulla situazione
economica in Spagna e si parla di un Paese sull’orlo della bancarotta: come imprenditore,
come affronta questi momenti così difficili?
R. – La situazione non è complicata,
è complicatissima. Concretamene in Spagna siamo passati, in meno di due anni, da una
situazione in cui sembrava che tutto andasse bene al crollo più assoluto. Dal mio
punto di vista la Spagna, in questo momento, è rovinata! Non ha più un discorso economico
che può reggere per conto suo: siamo tutti in balia di quello che sta succedendo a
Bruxelles, perché ormai il governo spagnolo non ha più la possibilità di agire per
sé. Finora, le soluzioni che si sono date al problema Europa e concretamente al problema
Spagna non sono sufficienti per gli speculatori: gli speculatori, vedendo che non
ci sono soluzioni e risposte specifiche e concrete né in Spagna né in Europa, continuano
a tenerci in questa situazione di assoluto blocco economico. Se il sistema capitalista
è basato sul consumo, il problema fondamentale è che proprio il consumo sta sparendo,
perché con tutte queste proposte di aumento dell’Iva, di aumento delle tasse purtroppo
si incide proprio sul consumo, che è la vera matrice di questo sistema economico.
D.
– Lei, come imprenditore, da questo punto di vista è un osservatore speciale proprio
sui consumi: vede un calo, un ‘precipizio’ da questo punto di vista?
R. – Purtroppo
sì! Purtroppo sì e in un modo veramente agghiacciante: la novità di tutta questa crisi,
dal mio punto di vista, è che le cose accadono ad una velocità tale che non abbiamo
neanche il tempo per sbagliare troppo…. Le cose accadono ad una velocità tale in cui,
quasi quasi, siamo spettatori di noi stessi. Questa è una cosa che si aggiunge dal
mio punto vista al fatto che il “Progetto Europa” è stato non ben progettato e che
il “Progetto Spagna” ha purtroppo fallito: dopo la transizione, dopo la morte di Franco
abbiamo avuto tutti questi anni di sviluppo, di aggiornamento economico rispetto all’Europa.
Ha fallito in due cose essenziali: una è la classe politica che - dal mio punto di
vista non solo quella spagnola, ma anche quella europea - è sicuramente non preparata
e se a questo aggiungiamo che il risultato di tutto questo è una gestione pessima
di tutta la questione economica in tutta Europa e anche in Spagna, abbiamo questo
risultato. Soprattutto abbiamo questa sensazione sociale di incertezza generale: non
siamo in crisi, siamo in depressione economica. Una crisi si può affrontare, mentre
in una depressione economica la gente è bloccata perché vede che non ci sono persone,
attitudini e soluzioni che portano avanti. E’ tutto un continuo dire “c’è questo problema,
ma non sappiamo come affrontarlo!”. Il messaggio che arriva alla gente è questo ed
è quindi normale andare in depressione non solo economica, ma anche psicologica.