2012-07-21 16:21:18

20 anni di culle per la vita. Carlo Casini: la vita non si può gettare in un cassonetto


I non rari casi di neonati abbandonati o ritrovati nei cassonetti costituiscono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno drammatico di disprezzo per la vita, di disperazione e spesso di solitudine. “Una risposta a questo dramma potrà venire solo da un’inversione di tendenza culturale” secondo il Movimento per la Vita, che quest’anno celebra i 20 anni dall’istituzione della prima “Culla per la vita”, moderna riedizione delle ruote degli esposti. Oggi le culle sono in tutto 42. Ma cosa sono? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Carlo Casini presidente del Movimento per la Vita:RealAudioMP3

R. – Sono prima di tutto un luogo in cui una donna in condizioni di angoscia, disperata, può lasciare il suo bambino, affidandolo a braccia che lo possano accogliere e volerle bene al posto suo; ma sono anche un monumento alla vita perché ricordano a tutti, con la loro stessa silenziosa presenza, che la vita non si può buttare in un cassonetto delle immondizie. Questo accadde la prima volta, vent’anni fa, noi ce ne accorgemmo e istituimmo la prima culla della vita: Francesco – grazie a Dio è vivo – fu lasciato appena nato in un cassonetto dell’immondizia. All’inizio ci furono perfino vicende giudiziarie contro di noi perché dicevano: voi istigate all’abbandono. Non è un’istigazione all’abbandono ma è un’esortazione all’accoglienza.

D. - Ancora oggi occorre un’inversione culturale contro la cultura della morte che sotterraneamente è molto forte…

R. – E’ fortissima purtroppo e la si combatte solo rivolgendo lo sguardo al bambino. La cultura della morte non è una cultura che ama il sangue ma è una cultura che non vuol guardare, non vuole riconoscere il figlio, il bambino non ancora nato - se si vuole, anche il morente, il sofferente - e rivolge lo sguardo altrove.

D. – A vent’anni dalla prima culla per la vita ancora oggi le cronache ci riportano casi di neonati ritrovati morti nei cassonetti, segno che occorre sempre più rafforzare una presenza amichevole a fianco della madre in difficoltà oltre che rafforzare una cultura della vita, come diceva prima…

R. – Non ci sono dubbi. Oltre a quanto successo recentemente a Bologna, quanti altri casi esistono! Dicevano che l’aborto legale avrebbe ridotto il numero degli abbandoni e viceversa sembrano addirittura in aumento. Non bisogna trascurare niente per ricostruire la cultura della vita. La difesa della vita è prima di tutto nella mente e nel cuore della madre ma la madre a sua volta ha nella mente e nel cuore ciò che sente intorno a sé, nella società, nella famiglia, nella scuola, sul luogo del lavoro, alla televisione, sui giornali: lo Stato nel suo complesso costituisce il suo ambiente. E’ qui che va ricostruita la cultura della vita: a partire dal coraggio della madre … grazie a Dio le madri coraggiose che accettano le difficoltà della vita pur di accogliere il figlio, sono più numerose di quelle disperate che lo rifiutano. La cultura della vita si fonda sull’esempio di queste madri coraggiose.







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