Usa, Conferenza sull’Aids. Mons. Vitillo: serve approccio integrale alla malattia
Si aprirà questa domenica a Washington la 19.ma Conferenza internazionale sull’Aids.
All’appuntamento sono attesi 30 mila tra scienziati, esperti e attivisti. Ci sarà
anche la Caritas, che porterà il suo personale contributo partendo da una pre-conferenza
che coinvolgerà le organizzazioni cattoliche impegnate nella realizzazione del Piano
globale: eliminare entro il 2015 i nuovi contagi tra i bambini e mantenere in salute
le mamme. A parlarne, al microfono di Roberta Barbi, è mons. Robert Vitillo,
consigliere speciale per l’Aids della Caritas:
R. - Caritas
sta organizzando con altre organizzazioni cattoliche una pre-conferenza per le persone
che vengono da tutto il mondo e che lavorano in programmi patrocinati dalla Chiesa
cattolica, così possono prepararsi per questa grande conferenza riflettendo sui valori
della Chiesa cattolica.
D. - 31 anni di epidemia del virus Hiv hanno chiamato
la Chiesa a trovare una risposta pastorale alla malattia oltre a quella assistenziale…
R.
- È molto importante avere una risposta completa che consideri non solamente i bisogni
medici, ma anche i problemi sociali, economici, affettivi e finalmente quelli spirituali.
D.
- In quali Paesi la situazione è più critica e quali armi abbiamo a disposizione oggi
per combattere l’Aids?
R. - L’impatto è molto più forte nei Paesi africani:
di questi, 22 registrano il maggiore numero di contagi. Abbiamo fatto dei progressi,
specialmente con l’accesso alle cure antiretrovirali, alle quali solamente la metà
delle persone che ne necessitano, però, possono accedere.
D. - Le organizzazioni
cattoliche partecipano attivamente alla realizzazione del Piano globale che mira a
eliminare entro il 2015 i nuovi contagi tra i bambini e a mantenere in salute le mamme.
Come si può conseguire questo obiettivo in contesti in cui il malato viene lasciato
solo ed è rifiutato dalla famiglia?
R. - È molto importante promuovere l’accettazione
e il coinvolgimento da parte di tutta la famiglia con le persone che vivono con l’Hiv
e in particolar modo con le madri. Inoltre, è importante coinvolgere i mariti a prendere
parte all’iniziativa di sottoporsi ai test e provvedere alle cure antiretrovirali
per le madri e - quando è necessario - per i bambini. Abbiamo fatto un’indagine riguardo
alle organizzazioni cattoliche nei 22 Paesi e abbiamo scoperto che molte sono già
coinvolte in questi programmi di prevenzione del contagio da madre al bambino. Loro
fanno un tipo di approccio focalizzato su tutta la famiglia.