Siria: si combatte a Damasco, rottura all'Onu dopo il veto di Russia e Cina
Siria senza pace. Dopo i 300 morti di ieri – il bilancio più grave dall’inizio del
conflitto – anche oggi si registrano violenze a Damasco, diventato ormai il fronte
più caldo. Intanto è frattura all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu dopo
il veto di Russia e Cina. Benedetta Capelli:
Damasco è nel
caos. Teatro dei disordini è il quartiere Midan dove si registrano esplosioni e si
levano colonne di fumo. Fonti della sicurezza hanno affermato che l’esercito sta conducendo
una controffensiva per strappare il controllo della zona ai ribelli. Si vive un’apocalisse
a Damasco, e si spera con tutto il cuore che venga presto la resurrezione”: ha detto,
all’agenzia Fides, mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco. Da registrare
anche un raid di elicotteri da combattimento su un sobborgo della capitale. Violenza
che arriva all’indomani della giornata più drammatica dal punto di vista delle perdite
dei civili con oltre 300 vittime, cifra mai raggiunta dall’inizio del conflitto. Nelle
ultime ore a preoccupare è anche la situazione dei rifugiati, secondo l’Unhcr sono
30mila i siriani fuggiti in Libano in questi due giorni. Oggi poi si sono rincorse
le voci sul destino di Assad. Prima da Parigi l’ambasciatore russo in Francia aveva
parlato della possibilità per il presidente siriano di lasciare il Paese in modo civile
nell’ambito di un piano di transizione verso un regime più democratico. Damasco immediatamente
ha negato. Altro fonte infuocato è quello della diplomazia, dopo il veto posto in
Consiglio di Sicurezza dell’Onu da Russia e Cina. “Veto deplorevole” hanno detto gli
Stati Uniti, “profondo rammarico” aggiunge la diplomazia europea mentre i due Paesi
rilanciano definendo le critiche “inaccettabili” e sostenendo che il documento avrebbe
aperto le porte ad un intervento militare. Oggi si dovrebbe votare una risoluzione,
presentata dal Pakistan ma appoggiata dalla Russia, per l’estensione di 45 giorni
della missione di osservatori Onu.
Ma da chi sono sostenuti gli oppositori
di Assad? Risponde al microfono di LucaCollodi, padre Samir Khalil
Samir,docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università
Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma:
R . - In questa
fase probabilmente sono i Paesi del Golfo - l’Arabia Saudita, il Qatar - perché la
“reazione” popolare ha subìto un cambiamento: all’inizio era solo per la libertà,
per la democrazia e per la giustizia, ma erano deboli perché non avevano alcun potere
di resistenza contro il regime; dopo alcuni mesi sono subentrati movimenti islamici
e adesso c’è un movimento islamico sunnita opposto al regime che è alawita, dunque
sciita, e dietro lo sciismo c’è l’Iran. Adesso ha quindi assunto una forma religiosa
che non c’era all’inizio.
D. - Quale Siria uscirà dalla guerra?
R.
- L’opposizione attuale rischia di diventare una nemica della Siria: la Siria del
regime di Assad era certamente dittatoriale, ma aveva anche degli aspetti positivi,
come quello relativo alla sicurezza o alla neutralità religiosa. Il rischio adesso
è che avremo una Siria con due gruppi opposti, quello del regime e quello nuovo che
verrà fuori, con delle opposizioni anche religiose. L’ideale sarebbe di arrivare a
un accordo. Questo era il progetto di Kofi Annan, ma sembra impossibile da raggiungere,
purtroppo! Era il progetto che ha presentato più volte anche il nunzio apostolico:
dobbiamo cercare di non mettere un gruppo contro l’altro, proponendo invece la situazione
migliore per la Siria.
D. - Quale futuro possiamo pensare, invece, per la
minoranza cristiana in Siria?
R. - La minoranza cristiana, secondo me, non
dovrebbe aver paura. Nel regime di Assad, i cristiani potevano fare tutto ciò che
la religione cristiana pratica e senza essere disturbati, purché non si mischiassero
con la politica. Oggi, il rischio è che i cristiani possano subire delle pressioni
se dominerà la tendenza islamica. Io credo, però, che se i cristiani continueranno
a avere una posizione per la libertà, per la democrazia, per la giustizia, potranno
allora avere un ruolo pacificatore, un ruolo costruttivo, perché noi non siamo per
un gruppo contro un altro, ma siamo per avere un Paese basato sulla cittadinanza,
basato sulla giustizia, sui diritti umani e sull’uguaglianza tra uomo e donna.