2012-07-20 19:50:00

Siria: l'Onu proroga la missione. A Damasco ancora scontri: migliaia gli sfollati



Il Consiglio di sicurezza dell'Onu, col sì anche di Mosca, ha approvato il prolungamento della missione degli osservatori Onu in Siria per 30 giorni, mentre è fissato per lunedì l’esame dell’Ue su nuove sanzioni contro Damasco. Intanto sul terreno la capitale siriana resta il teatro degli scontri più violenti tra esercito e ribelli e cresce la preoccupazione per la fuga di civili verso Libano, Turchia e Iraq. Smentito infine l’ambasciatore russo a Parigi, secondo il quale il presidente Bashar al-Assad sarebbe stato disposto a lasciare il potere. Il servizio di Gabriella Ceraso: RealAudioMP3

È stato un sì unanime quello di oggi del Consiglio di sicurezza Onu, dopo il doppio veto apposto ieri da Russia e Cina, che avevano minacciato di bloccare nuovamente il testo, apparso invece oggi, a detta di Mosca, "bilanciato". È stata prolungata dunque la missione degli osservatori Onu, con tutte le misure di cautela e di operatività previste, per un periodo finale di 30 giorni, rinnovabile solo se in Siria cesserà l‘uso di armi pesanti. Nel testo anche la richiesta a tutte le parti coinvolte, di garantire la sicurezza e libertà di movimento agli osservatori. La parola passa oram, per eventuali sanzioni, all’Ue. Ma l’azione diplomatica continuerà, garantisce lo stesso segretario Onu Ban Ki Moon. Intanto sul terreno è ancora Damasco il teatro principale degli scontri, una controffensiva dell’esercito per recuperare i quartieri presi dai ribelli. Il timore espresso dalla diplomazia italiana è quello del rischio jiahadista mentre gli operatori umanitari guardano all’emergenza sfollati, nella città di Damasco, e a quella dei profughi che affollano le frontiere: l’agenzia Onu che si occupa di loro, segnala nelle ultime 48 ore circa 30mila siriani fuggiti nel solo Libano.

Ma da chi sono sostenuti gli oppositori di Assad? Risponde al microfono di Luca Collodi, padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma:RealAudioMP3

R . - In questa fase probabilmente sono i Paesi del Golfo - l’Arabia Saudita, il Qatar - perché la “reazione” popolare ha subìto un cambiamento: all’inizio era solo per la libertà, per la democrazia e per la giustizia, ma erano deboli perché non avevano alcun potere di resistenza contro il regime; dopo alcuni mesi sono subentrati movimenti islamici e adesso c’è un movimento islamico sunnita opposto al regime che è alawita, dunque sciita, e dietro lo sciismo c’è l’Iran. Adesso ha quindi assunto una forma religiosa che non c’era all’inizio.

D. - Quale Siria uscirà dalla guerra?

R. - L’opposizione attuale rischia di diventare una nemica della Siria: la Siria del regime di Assad era certamente dittatoriale, ma aveva anche degli aspetti positivi, come quello relativo alla sicurezza o alla neutralità religiosa. Il rischio adesso è che avremo una Siria con due gruppi opposti, quello del regime e quello nuovo che verrà fuori, con delle opposizioni anche religiose. L’ideale sarebbe di arrivare a un accordo. Questo era il progetto di Kofi Annan, ma sembra impossibile da raggiungere, purtroppo! Era il progetto che ha presentato più volte anche il nunzio apostolico: dobbiamo cercare di non mettere un gruppo contro l’altro, proponendo invece la situazione migliore per la Siria.

D. - Quale futuro possiamo pensare, invece, per la minoranza cristiana in Siria?

R. - La minoranza cristiana, secondo me, non dovrebbe aver paura. Nel regime di Assad, i cristiani potevano fare tutto ciò che la religione cristiana pratica e senza essere disturbati, purché non si mischiassero con la politica. Oggi, il rischio è che i cristiani possano subire delle pressioni se dominerà la tendenza islamica. Io credo, però, che se i cristiani continueranno a avere una posizione per la libertà, per la democrazia, per la giustizia, potranno allora avere un ruolo pacificatore, un ruolo costruttivo, perché noi non siamo per un gruppo contro un altro, ma siamo per avere un Paese basato sulla cittadinanza, basato sulla giustizia, sui diritti umani e sull’uguaglianza tra uomo e donna.

Gli operatori umanitari del Comitato internazionale della Croce rossa e della societa' della Mezzaluna rossa siriana sono mobilitati per dare soccorsi agli sfollati di Damasco in Siria. In particolare, riferiscono, si pensa ad allestire scuole con materassi e beni di prima necessità per l'accoglienza di chi, a causa della guerra ,ha perso tutto. Un dramma cui fanno fronte ogni giorno anche i francescani presenti a Damasco, come racconta Suor Yola, del Memoriale di San Paolo, raggiunta telefonicamente da Gabriella Ceraso nella capitale siriana:RealAudioMP3

R. - Noi viviamo in una situazione molto delicata; però la viviamo con molta speranza. Accogliamo la gente, abbiamo aperto la nostra casa. Da diverse parti della Siria stanno venendo qui lasciando le loro case, molte delle quali sono distrutte. Sono persone che hanno perso tutto: casa, negozi, cliniche. Cerchiamo sempre di dare una testimonianza di speranza, dicendo loro che tutto passerà.

D. – Voi stando in città sentite gli spari?

R. - Certo. Intorno, nelle periferie di Damasco noi sentiamo che si combatte. Ieri sera ci sono stati degli scontri per strada proprio davanti alla porta della nostra casa. Abbiamo chiamato l’esercito e dopo un’ora è finita.

D. - Abbiamo notizie di tanta gente che sta cercando di scappare, di andare via ..

R. - I siriani sono venuti a Damasco; quelli di Homs sono tutti a Damasco. Ci sono tantissime famiglie alloggiate in Siria. I cristiani sono in Siria, i cristiani non hanno lasciato il Paese. E' un popolo forte quello siriano, ce la farà a vivere questa situazione, seppur dolorosa. Noi siamo sicuri, crediamo in Dio che dà la pace e non negli uomini, gli uomini hanno interessi.








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