Islam: inizia il Ramadan. Mons. Bianchi: “Una via verso la pace”
In molti Paesi di fede islamica è iniziato il Ramadan, mese del digiuno rituale, della
purificazione e della preghiera; è anche il mese in cui le famiglie e le comunità
si ritrovano insieme, ogni giorno, dopo il tramonto, per il pasto serale consentito.
Ce ne parla Roberta Barbi:
È il nono
mese del calendario islamico, sacro perché, afferma la tradizione musulmana, vi fu
la rivelazione del Corano a Maometto. Il Ramadan è uno dei cinque pilastri dell’Islam
e anche se la regola del digiuno dall’alba al tramonto è uguale per tutti, il giorno
iniziale e le pratiche che lo accompagnano variano da Paese a Paese. Per tutti, comunque,
è il momento più atteso dell’anno, scandito dalla solidarietà familiare e dalla devozione
religiosa, come spiega, al microfono della collega Silvia Koch, il presidente dell’Associazione
culturale islamica italiana, Mohamed Ben Mohamed:
“Un mese specificatamente
di alta spiritualità per la comunità islamica, ma non c’è solo l’aspetto spirituale:
c’è anche l’aspetto sociale, che è molto importante e molto significativo, perché
in questo mese la comunità si avvicina molto”.
Il Ramadan è iniziato oggi
in Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi, Yemen, Kwait, Giordania, Indonesia, Libano,
Tunisia ed Egitto, dove il presidente Morsi ha disposto il rilascio di 572 detenuti;
domani prenderà il via anche in Oman, Marocco, Iran e Iraq. Anche quest’anno, però,
ci sono Paesi che all’inizio del mese sacro sono sconvolti dalla violenza, come la
Siria, dove il digiuno dell’opposizione inizia oggi, quello delle autorità domani.
Un altro motivo di divisione, dunque, l’esatto opposto a quello che è il vero significato
del Ramadan, come sottolinea mons. Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia e presidente
della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo:
“Dovrebbe essere una
risorsa interna all’Islam stesso, per evidenziare quelle componenti pacifiche e di
positiva relazione che ci sono all’interno del composito mondo dell’Islam. Quindi
proponendo un approccio che non sia pretestuoso per un uso politico o addirittura
violento, ma evidenzi la strada di una lettura del messaggio dell’Islam nel senso
della pace, nel senso della collaborazione, della fraternità, dell’unità”.
Il
presule evidenzia come in Occidente si stia affermando l’errata convinzione che l’esperienza
religiosa predisponga all’intolleranza e al rifiuto dell’altro, quando, al contrario,
è la strada verso la pace, l’incontro e la “convivialità delle differenze”, come la
definiva Giovanni Paolo II. Dall’unione delle famiglie e delle comunità mostrata dai
musulmani durante il mese sacro, anche i cristiani possono imparare molto, come conclude
mons. Bianchi:
“La modalità in cui il Ramadan viene vissuto e l’intensità
di adesione personale credo che possa essere anche una testimonianza e un richiamo
per noi cristiani dell’Occidente che, a volte, siamo un po’ più sfrangiati, un po’
più scoloriti, un po’ meno testimoniali”.