Rapporto Moneyval. Zamagni: risposte convincenti dal Vaticano
Commenti positivi al primo Rapporto di Moneyval, organismo del Consiglio d’Europa,
che ha sostanzialmente promosso le misure adottate dal Vaticano in materia di prevenzione
del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo. Restano ancora passi
da fare – sottolinea Moneyval - ma molto è stato già compiuto - e in breve tempo -
nella direzione giusta. Ascoltiamo in proposito il commento dell’economista Stefano
Zamagni al microfono di Luca Collodi:
R. – Bisogna
considerare due cose. La prima è che lo stesso organismo del Consiglio d’Europa, Moneyval,
ha riconosciuto come importanti i cambiamenti varati dalla Santa Sede sia per intensità
sia per il loro numero, cambiamenti che hanno superato quelli di altri Paesi. Tutto
il processo è nato nel settembre dell’anno scorso. Quindi in meno di 9 mesi la Santa
Sede è riuscita a dare risposte positive, convincenti, alla maggior parte dei quesiti
che erano stati sollevati. E’ vero, però, che nel rapporto conclusivo, s’invita il
Vaticano a proseguire ed a chiarire meglio i modi di governance dell’AIF, cioè dell'Autorità
d’Informazione Finanziaria, perché si dice che l’attività di vigilanza deve essere
tenuta separata dall’attività di intelligence finanziaria. Nell’attività d’ispezione,
infatti, un conto è andare a ricercare gli eventuali colpevoli, altro è vigilare su
quanto è stato effettuato. Questo è un consiglio che viene rivolto alla Santa Sede,
del quale terrà sicuramente conto. Personalmente non sono convinto che sia lì il nodo
del problema, nel separare i due soggetti – il soggetto che fa la vigilanza dal soggetto
che fa l’intelligence – perché questa separazione vale nei confronti di grandi Paesi
come l’Italia e tanti altri. Nel caso della Città del Vaticano, siamo di fronte ad
uno Stato di proporzioni piccole, rispetto al quale la moltiplicazione degli enti
potrebbe avere anche degli effetti dispersivi nel lavoro da fare. Questa, però, è
una questione di dettagli. Il fatto positivo è che Moneyval non solo ha appoggiato,
ma ha apprezzato il lavoro della Santa Sede che, in meno di nove mesi, ha prodotto
più di quanto tanti altri Paesi - nei cui confronti il processo di valutazione era
iniziato già diversi anni fa - hanno fatto.
D. – Per le “banche” che non sono
impegnate in attività di profitto ma che hanno compiti sociali, come lo Ior e le banche
di credito cooperativo in Italia, vale la pena trovare altri criteri di analisi e
giudizio, rispetto a quelli applicati da Moneyval alle grandi banche commerciali?
R.
– La domanda è legittima. Su questa questione c’è molta confusione. L’obiettivo di
vigilare, di controllare, intensificando la lotta è sacrosanto. Bisogna, però, tenere
conto del soggetto. Un conto è un ente bancario che persegue finalità lucrative e
quindi si dedica all’attività di speculazione finanziaria, altro conto è un altro
ente bancario. Il fine dichiaratamente diverso di una banca modifica anche le regole
della ‘governance’. Ebbene per Moneyval, e in generale lo stesso discorso vale per
Basilea 3, a livello internazionale non si vuole tenere conto di questa distinzione.
Qual è l’aspetto negativo? Che si caricano sulle spalle di istituti come lo Ior, e
altri come le banche cooperative che perseguono fini strumentali, cioè l’attività
bancaria è strumento per il fine principale che è quello della solidarietà, della
diffusione della religione della cultura - dei pesi eccessivi, e questo non è accettabile.
Io prenderei questa occasione per far sì che i rappresentanti della Santa Sede presso
il Consiglio d’Europa sollevino la questione. E’ un problema, infatti, che riguarda
adesso lo Ior, ma anche tanti altri tipi di banche, in Italia come all’estero.