Il Papa e il valore del "ristoro" cristiano: non una pace privata, ma un amore che
allevia i mali del mondo
Durante il periodo estivo, molte volte Benedetto XVI ha invitato singoli e famiglie
a non ridurre il periodo di ferie al solo svago della mente e del corpo. C’è anche
l’anima da riposare e il senso cristiano del ristoro spirituale è tutt’altro che un
invito a dimenticarsi del mondo e delle sue vicende a volte drammatiche, ma porta
invece a importanti ricadute sociali. Il Papa lo spiegò bene in un Angelus di un anno
fa, soffermandosi su un passo della liturgia che la Chiesa ha riproposto per la giornata
di ieri. Alessandro De Carolis ne rievoca alcuni passaggi assieme ad altri
pensieri del Pontefice:
Uno dei più
noti paradossi apparenti del Vangelo è contenuto al capitolo 11 di Matteo, quando
Gesù invita chi è stanco e oppresso ad alleviare le proprie pene caricandosi sulle
spalle il suo giogo “leggero”. L’abitudine all’ascolto di questa celebre frase potrebbe
generare un rischio nei cristiani: ritenere quella di Gesù una frase “figurata”, bella
per il gaudio dello spirito, ma distante dai propri problemi personali, dai drammi
reali della gente. Un rischio ovviamente noto al Papa, che qualche anno fa obiettò:
"A
volte vorremmo dire a Gesù: Signore, il tuo giogo non è per niente leggero. È anzi
tremendamente pesante in questo mondo. Ma guardando poi a Lui che ha portato tutto
– che su di sé ha provato l’obbedienza, la debolezza, il dolore, tutto il buio, allora
questi nostri lamenti si spengono. Il suo giogo è quello di amare con Lui. E più amiamo
Lui, e con Lui diventiamo persone che amano, più leggero diventa per noi il suo giogo
apparentemente pesante". (Messa crismale, 4 aprile 2007)
Perché in questo
consiste il “giogo” di Cristo: l’amore verso gli altri. Che è un alfabeto universale
di fraternità, per primo conosciuto dalla gente di Galilea o di Giudea, alle quali
Cristo annunciava il Regno di Dio e subito glielo rendeva tangibile con un gesto d’amore,
un pezzo di pane per un povero, un malato guarito, una morte che non lo era più.
Dunque,
il “ristoro” promesso a chi ha il coraggio di caricarsi quel giogo non era e non è
il porto di una vaga pace cui far approdare il proprio spirito, ma un oceano di bene
che può lambire le rive di tutto il pianeta, meglio e oltre la più intelligente strategia
socio-umanitaria, partorita però senza questo tipo di gratuità:
“Il vero
rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie,
sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita
basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Per questo bisogna
abbandonare la via dell’arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni
di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo. Soprattutto
nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza,
cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro
degno dell’uomo. (Angelus, 3 luglio 2011)