2012-07-17 14:29:38

Perù. Attivisti contro la multinazionale che vuole l'oro di "Conga": a rischio l'ambiente


E' una miniera il luogo della discordia e delle violenze che da qualche tempo avvengono in Perù. Da una parte, c'è l'azienda "Newmont Mining" che intende sfruttare il giacimento di oro della miniera "Conga", dall'altra gli attivisti che ne osteggiano l'apertura sostenendo che essa danneggerebbe gravemente i bacini d'cqua circostanti. A far da mediatrice nella vicenda, che ha giù fatto alcuni morti e numerosi feriti, è la Chiesa locale. Padre Guillermo Ortiz, responsabile dei programmi in lingua spagnola della nostra emittente, ne parla al microfono di Silvia Koch:RealAudioMP3

R. – Questo problema è presente anche in altri Paesi oltre al Perù – in Bolivia, in Colombia, in Argentina – che hanno queste risorse minerarie. In Bolivia, per esempio, dove c’è violenza, gli agricoltori, i lavoratori delle miniere, per esempio a Malcucota, a 300 km da La Paz, hanno avuto questi problemi.

D. – Un problema quindi di contrapposizione tra gli interessi delle multinazionali, che vogliono sfruttare le risorse locali, quelli dei governi locali e delle popolazioni...

R. – Sì, in genere questi Paesi non hanno i macchinari per estrarre i minerali, così arrivano alcune ditte dal Canada, dagli Stati Uniti... E' accaduto con la gente del posto anche in Paraguay, dove ci sono stati morti per questo conflitto, nella riserva forestale: sette poliziotti e undici contadini.

D. – Quali sono le strade indicate dai vescovi locali per cercare di raggiungere una pacificazione nei conflitti?

R. – Noi abbiamo un Consiglio episcopale per tutta l’America Latina, che è il Celam, e questo ora sta lavorando per aiutare la gente nella mediazione di questi conflitti.

D. – Naturalmente, forse, perché i sacerdoti hanno un canale privilegiato di dialogo con le popolazioni locali e sono vicini alle esigenze locali...

D. – Certamente, la Chiesa è lì. Il nostro documento di Aparecida già parla di questo, perché non è un problema di oggi e i conflitti sono presenti da tempo. Al numero 473, il documento di Aparecida dice che la ricchezza naturale dell’America Latina e dei Caraibi sperimenta oggi uno sfruttamento irrazionale, che sta lasciando dietro di sé una scia di distruzione e perfino di morte in tutte le nostre regioni. L’enorme responsabilità di questo processo pesa sull’attuale modello di sviluppo economico, che privilegia uno smisurato desiderio di ricchezza, non curandosi della vita delle persone e dei popoli né del rispetto razionale della natura. La devastazione – dicono – delle nostre foreste e della biodiversità, a causa di un atteggiamento predatorio ed egoista, coinvolge la responsabilità morale di chi la promuove, perché mette in pericolo la vita di milioni di persone, specialmente dell’habitat dei contadini e degli indigeni, che vengono spinti verso terre di bassa qualità o nelle grandi città, dove vanno a vivere ammucchiati in miserevoli periferie. La nostra regione, parlando di tutta l’America Latina e dei Caraibi, ha bisogno di progredire nel proprio sviluppo agroindustriale, per valorizzare le ricchezze delle sue terre e le sue risorse umane, a servizio del bene comune.







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