Giornata della Pace. Don Bizzotto ai giovani: chi costruisce la pace non ha paura
del futuro
La pace interiore e la pace esteriore nel mondo odierno percorso da crisi economiche
e finanziarie, da crisi delle istituzioni e della democrazia: saranno argomenti al
centro della prossima Giornata mondiale della pace del primo gennaio 2013, dedicata
dal Papa al tema “Beati gli operatori di pace”. Roberta Gisotti ha intervistato
don Albino Bizzotto, fondatore dell’Associazione “Beati i costruttori di pace".
D. – Don Albino,
il Papa chiama “tutti a sentirsi responsabili” per costruire la pace: una pace – sottolinea
– “interiore ed esteriore”. Dunque, la pace inizia nei nostri cuori?
R. – Certamente,
non esiste né un esterno né un interno: la pace vive delle decisioni e del modo in
cui noi affrontiamo la realtà, in dialogo e in rapporto con tutti, riconoscendo la
dignità e l’originalità di ogni persona e accettando i conflitti per comporli sempre
con la non violenza.
D. – Lei ha parlato di dignità. Il Papa fa anche riferimento
– a questo proposito – al 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II e dell’enciclica
Pacem in terris di Giovanni XXIII, per richiamare “il primato” della dignità
umana per costruire “una città al servizio di ogni uomo”. Don Albino, qual è questa
città?
R. – La grande novità che ha portato il Concilio, ma di cui abbiamo
immenso bisogno, è di avere il coraggio di credere che lo Spirito, il Signore lo ha
dato ad ogni persona, che il Signore è felice dell’umanità di ogni persona e che la
possibilità di novità avvenga proprio nell’ascolto di questo Spirito. Infatti, c’è
una grande contraddizione tra il mondo delle strutture nel quale ci muoviamo, che
è fondato sulla forza, e lo Spirito, invece, che è fondato sul volersi bene.
D.
– Benedetto XVI fa riferimento ai tempi attuali e pone in evidenza “la crisi delle
istituzioni e della politica”, che in molti casi – scrive – è anche “preoccupante
crisi della democrazia”. Anche qui, da dove ripartire per ritrovare la persona e metterla
al centro?
R. – Stiamo assistendo ad un mondo nel quale le disgrazie dei più
poveri, che sono la maggioranza dell’umanità, non interessano quanto invece le disgrazie
dell’economia e delle vicende di un sistema che si è ingrandito e che è un sistema
"dopato", ormai ovunque. Questo preoccupa e determina un atteggiamento di paura verso
il futuro maggiore che non quello di sentirsi solidali, a partire dai più poveri.
Io credo che ancora una volta la felicità di Gesù, di fidarci di un Signore che si
prende cura di tutte le sue creature cominciando da chi sta peggio, da chi è messo
ai margini, da chi non ha nessuna risorsa per vivere, io credo che questa conversione
sarà il punto centrale di una novità per la Chiesa, ma di una novità anche per l’umanità.
Io credo che lo Spirito urge, in questo senso, e sempre di più tentiamo di cogliere
testimoni che ci mostrino che è possibile vivere in questo mondo, essere felici perché
siamo capaci di volere bene a tutti.
D. – Quindi, il messaggio che possiamo
mandare ai giovani, che sono quelli che più soffrono di questa paura del futuro, è
di vincerla con l’essere solidali?
R. – Sì, io credo che questo sia un passaggio
ineludibile. Devo pero dire che io sono testimone, ogni giorno, di tantissima umanità
e vorrei sottolineare questo aspetto: non è vero che c’è grande sfiducia nella politica.
C’è sfiducia in una politica che si attorciglia intorno all’economia, ma non c’è sfiducia
nei confronti di una politica attenta e che accoglie e mette in rete tutto il lavoro
che si fa a sostegno di chi soffre.