L’Africa festeggia la prima donna alla presidenza dell’UA: evento storico
Per la prima volta nella storia dell’Unione Africana una donna è stata eletta alla
presidenza della Commissione di questo importante organismo. Si tratta della sudafricana
Nkosazana Dlamini-Zuma, già ministro della Sanità nel primo governo post-apartheid
di Nelson Mandela e poi ancora a capo dei dicasteri dell’Interno e degli Esteri del
suo Paese. Roberta Gisotti ha intervistato Barbara Pandolfi, uditrice
al Sinodo per l’Africa nel 2009, esperta di questioni femminili in questo Continente:
D. – Dr.ssa
Pandolfi, questa nomina potrà emancipare il ruolo della donna in Africa? E, a che
punto siamo, nel cammino delle pari opportunità uomo-donna?
R. – Sì, probabilmente,
a tre livelli. Il primo livello è quello della autostima, dell’autocoscienza, un riconoscimento
per le donne importante, quindi, del loro processo di crescita, di sviluppo, di emancipazione.
Il secondo livello, anche rilevante, è quello per tutta la società africana: è sicuramente
un segnale significativo per tutti, questa nomina e questo riconoscimento che viene
dato ad una donna già impegnata non solo in ambito sociale ma anche in ambito politico.
Il terzo livello, credo, riguarda l’opinione pubblica internazionale, che può guardare
in questo modo anche attraverso questi segni ai cammini significativi che le donne
africane stanno compiendo in questi anni, e sono veramente dei percorsi molto importanti.
D.
– Di certo, quando parliamo di presenza femminile nella società africana è cosa diversa
dalla presenza femminile nei Paesi occidentali. Di quali peculiarità è portatrice
la donna africana?
R. – Le donne africane da sempre hanno in mano l’economia
e la cultura – se vogliamo – del proprio Paese, in quanto sono loro che trasmettono
soprattutto alle nuove generazioni i valori e anche le tradizioni culturali più significative
e più importanti; e poi, sicuramente gestiscono l’economia: proprio quell’economia
piccola, anche rurale, che però mantiene in vita i villaggi, dà loro sviluppo e crescita.
Ecco: credo che questo riconoscimento sia veramente un segno di questo cammino che
per le donne si può ampliare sempre più a livello pubblico, a livello sociale, a livello
politico.
D. – Quale ruolo sta giocando la Chiesa per valorizzare il genio
femminile?
R. – Allora: sicuramente, la Chiesa con il suo annuncio ha avuto
ed ha una rilevanza importante nell’uguaglianza tra donne e uomini. Nell’ambito ecclesiale,
molte donne svolgono servizi significativi. Però, c’è ancora molto cammino da fare
a questo livello, sia nella formazione del clero locale, sia anche nella consapevolezza
delle donne e soprattutto del laicato femminile in Africa. Con tutto ciò che significa:
non soltanto collaborazione, ma piena responsabilità in forza del Battesimo, in forza
dell’appartenenza ecclesiale proprio alla missione della Chiesa ed alla promozione
umana, soprattutto per quanto riguarda le donne. E questo credo che sia – mi viene
da dire – quasi un’alleanza tra la Chiesa e le donne, anche proprio sul versante dei
grandi temi quali quello dell’educazione, della famiglia, perché spesso questi aspetti
sono principalmente affidati alle donne. Ma anche ad esempio la cura sanitaria per
tanti versi, che a piccoli livelli, non nei grandi ospedali, è affidata alle donne.
Quindi, credo che ci sia veramente una via che può nascere dalla forza del Vangelo,
dai documenti del Magistero sulle donne, che può promuovere e può aiutare il cammino
delle donne africane. E, con una formazione maggiore, probabilmente, anche proprio
all’interno degli ambiti ecclesiali.