Messa del Papa a Frascati: l'annuncio di Cristo è per la verità non il consenso. I
cristiani rileggano il Concilio
Annunciare Cristo “senza essere preoccupati di avere successo”, anzi con la consapevolezza
che “gli inviati di Dio spesso non vengono accolti bene”. Lo ha affermato questa mattina
Benedetto XVI all’omelia della Messa celebrata davanti alla cattedrale di Frascati.
Il Papa ha anche invitato i cristiani a “rileggere il Concilio” per riscoprire la
“bellezza dell’essere Chiesa”. Di seguito, ampi stralci dell’omelia pronunciata dal
Pontefice:
“Nel Vangelo di questa domenica, Gesù prende l’iniziativa di
inviare i dodici Apostoli in missione (cfr Mc 6,7-13). In effetti il termine «apostoli»
significa proprio «inviati, mandati». La loro vocazione si realizzerà pienamente dopo
la risurrezione di Cristo, con il dono dello Spirito Santo a Pentecoste. Tuttavia,
è molto importante che fin dall’inizio Gesù vuole coinvolgere i Dodici nella sua azione:
è una specie di «tirocinio» in vista della grande responsabilità che li attende. Il
fatto che Gesù chiami alcuni discepoli a collaborare direttamente alla sua missione,
manifesta un aspetto del suo amore: cioè, Egli non disdegna l’aiuto che altri uomini
possono recare alla sua opera; conosce i loro limiti, le loro debolezze, ma non li
disprezza, anzi, conferisce loro la dignità di essere suoi inviati. Gesù li manda
a due a due e dà loro istruzioni, che l’Evangelista riassume in poche frasi. La prima
riguarda lo spirito di distacco: gli apostoli non devono essere attaccati al denaro
e alle comodità. Gesù poi avverte i discepoli che non riceveranno sempre un’accoglienza
favorevole: talvolta saranno respinti; anzi, potranno essere anche perseguitati. Ma
questo non li deve impressionare: essi devono parlare a nome di Gesù e predicare il
Regno di Dio, senza essere preoccupati di avere successo. (...)
La prima Lettura
proclamata ci presenta la stessa prospettiva, mostrandoci che gli inviati di Dio spesso
non vengono accolti bene. Questo è il caso del profeta Amos, mandato da Dio a profetizzare
nel santuario di Betel, un santuario del regno d’Israele (cfr Am 7,12-15). Amos predica
con grande energia contro le ingiustizie, denunciando soprattutto i soprusi del re
e dei notabili, soprusi che offendono il Signore e rendono vani gli atti di culto.
Perciò Amasia, sacerdote di Betel, ordina ad Amos di andarsene. Egli risponde che
non è stato lui a scegliere questa missione, ma il Signore ha fatto di lui un profeta
e lo ha inviato proprio là, nel regno d’Israele. Pertanto, sia che venga accettato
sia che venga respinto, egli continuerà a profetizzare, predicando ciò che Dio dice
e non ciò che gli uomini vogliono sentirsi dire (…)
Similmente, nel Vangelo,
Gesù avverte i Dodici che potrà accadere che in qualche località vengano rifiutati.
In tal caso dovranno andarsene altrove, dopo aver compiuto davanti alla gente il gesto
di scuotere la polvere sotto i piedi, segno che esprime il distacco in due sensi:
distacco morale – come dire: l’annuncio vi è stato dato, siete voi a rifiutarlo –
e distacco materiale – non abbiamo voluto e non vogliamo nulla per noi (cfr Mc 6,11).
L’altra indicazione molto importante del brano evangelico è che i Dodici non possono
accontentarsi di predicare la conversione: alla predicazione si deve accompagnare,
secondo le istruzioni e l’esempio dati da Gesù, la cura dei malati (…) La missione
apostolica deve sempre comprendere i due aspetti di predicazione della parola di Dio
e di manifestazione della sua bontà con gesti di carità, di servizio e di dedizione.
La
seconda Lettura odierna ci mostra la fecondità della missione dei Dodici. Infatti,
in questo stupendo inno che apre la Lettera agli Efesini l’apostolo Paolo rende grazie
a Dio perché «ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo»
(1,3). L’esperienza dei Dodici in Galilea è stata l’anticipazione di una missione
più vasta, che – come dicevamo – è avvenuta dopo la risurrezione di Gesù, e di una
predicazione più ricca, che ha fatto prendere coscienza del grande disegno divino
di salvezza. Dio non improvvisa i suoi doni, ma li prepara per tempo. Paolo ci ricorda
che «in lui [Cristo] Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo» (v. 4). Il
progetto originario di Dio è quello di comunicare all’uomo la sua grazia; per questo
Egli ha creato il mondo e ha creato noi, per poterci comunicare il suo amore e farci
vivere in comunione con Lui. Questo amore gratuito di Dio ha procurato la redenzione,
la salvezza dei peccatori. Nel sangue di Cristo otteniamo la remissione dei peccati,
secondo la ricchezza del suo amore generoso, abbondantemente riversato su di noi.
La nostra esistenza cristiana è pertanto ricca di promesse e di speranza, perché siamo
stati fatti eredi, siamo predestinati a vivere pienamente ed eternamente nella comunione
con Dio. Cari fratelli e sorelle, rendo grazie a Dio che mi ha mandato oggi a ri-annunciarvi
questa Parola di salvezza! Una Parola che è alla base della vita e dell’azione della
Chiesa, anche di questa Chiesa che è in Frascati. Il vostro Vescovo mi ha informato
circa l’impegno pastorale che maggiormente gli sta a cuore, che è in sostanza un impegno
formativo, rivolto prima di tutto ai formatori: formare i formatori. E’ proprio quello
che ha fatto Gesù con i suoi discepoli: li ha istruiti, li ha preparati, li ha formati
anche mediante il «tirocinio» missionario, perché fossero in grado di assumere la
responsabilità apostolica nella Chiesa. E’ bello ed entusiasmante vedere che, dopo
duemila anni, portiamo avanti ancora questo impegno formativo di Cristo! Nella comunità
cristiana, questo è sempre il primo servizio che i responsabili offrono: a partire
dai genitori, che nella famiglia compiono la missione educativa verso i figli; pensiamo
ai parroci, che sono responsabili della formazione nella comunità, ma a tutti i sacerdoti,
nei diversi campi di lavoro: tutti vivono una prioritaria dimensione educativa; e
i fedeli laici, oltre al ruolo già ricordato di genitori, sono coinvolti nel servizio
formativo con i giovani o gli adulti, come responsabili nell’Azione Cattolica e in
altri movimenti ecclesiali, o impegnati in ambienti civili e sociali, sempre con una
forte attenzione alla formazione delle persone. Sulla responsabilità dei laici insistette
il Servo di Dio Papa Paolo VI quando venne qui a Frascati il 1° settembre 1963. Disse
che essa non deriva «soltanto dalla necessità di allungare le braccia del sacerdote
che non arriva a tutti gli ambienti e non riesce a sostenere tutte le fatiche. E’
data da un qualche cosa di più profondo e di più essenziale, dal fatto cioè, che anche
il laico è cristiano» (Insegnamenti di Paolo VI, I [1963], 570). Tutti siamo responsabili,
tutti siamo corresponsabili.
Il Signore chiama tutti, distribuendo diversi
doni per diversi compiti nella Chiesa. Chiama al sacerdozio e alla vita consacrata,
e chiama al matrimonio e all’impegno come laici nella Chiesa stessa e nella società.
Importante è che la ricchezza dei doni trovi piena accoglienza, specialmente da parte
dei giovani; che si senta la gioia di rispondere a Dio con tutto se stessi, donandola
nella via del sacerdozio e della vita consacrata o nella via del matrimonio, due vie
complementari che si illuminano a vicenda, si arricchiscono reciprocamente e insieme
arricchiscono la comunità. La verginità per il Regno di Dio e il matrimonio sono entrambe
vocazioni, chiamate di Dio a cui rispondere con e per tutta la vita. Dio chiama: occorre
ascoltare, accogliere, rispondere. Come Maria: Eccomi, avvenga di me secondo la tua
parola (cfr Lc 1,38).
Anche qui, nella comunità diocesana di Frascati, il Signore
semina con larghezza i suoi doni, chiama a seguirlo e a prolungare nell’oggi la sua
missione. Anche qui c’è bisogno di una nuova evangelizzazione, e per questo vi propongo
di vivere intensamente l’Anno della Fede che inizierà ad ottobre, a 50 anni dall’apertura
del Concilio Vaticano II. I Documenti del Concilio contengono una ricchezza enorme
per la formazione delle nuove generazioni cristiane. Con l’aiuto dei sacerdoti e dei
catechisti, rileggeteli, approfonditeli, e cercate di metterli in pratica nelle parrocchie,
nelle associazioni e nei movimenti. Riscoprite la bellezza di essere Chiesa, di vivere
il grande «noi» che Gesù ha formato intorno a sé, per evangelizzare il mondo: il «noi»
della Chiesa, mai chiuso, mai ripiegato su di sé, ma sempre aperto e proteso all’annuncio
del Vangelo.
Cari fratelli e sorelle di Frascati! Siate uniti tra voi e al
tempo stesso aperti, missionari. Rimanete saldi nella fede, radicati in Cristo mediante
la Parola e l’Eucaristia; siate gente che prega, per rimanere sempre legati a Cristo,
come tralci alla vite, e al tempo stesso andate, portate il suo messaggio a tutti,
specialmente ai piccoli, ai poveri, ai sofferenti. In ogni comunità vogliatevi bene
tra voi, non siate divisi ma vivete da fratelli, perché il mondo creda che Gesù è
vivo nella sua Chiesa e il Regno di Dio è vicino. I Patroni della Diocesi di Frascati
sono due Apostoli: Filippo e Giacomo, due dei Dodici. Alla loro intercessione affido
il cammino della vostra Comunità, perché si rinnovi nella fede e ne dia chiara testimonianza
con le opere della carità".