Aperto il Giffoni Film Festival: 170 film visti e giudicati dai giovani
Si è aperto ieri sera il Giffoni Film Festival, la rassegna cinematografica per giovani
più famosa al mondo, ricca come sempre di ospiti internazionali e italiani, anteprime
in esclusiva e tantissimi film in concorso, animata da migliaia di ragazzi, da sempre
il vero cuore pulsante del Festival, che condividono un’esperienza unica e indimenticabile.
Il servizio di Luca Pellegrini:
Undici giorni
di cinema - 170 film in programma - arte, cultura, spettacolo, musica, dibattiti:
tutto per avvicinare e coinvolgere 3.300 tra bambini, ragazzi e giovani che giungono
da ogni angolo del globo - 54 nazioni e la novità quest’anno di Cina, Venezuela e
Argentina - per far vivere loro questa esperienza di incontro e di formazione, soprattutto
attraverso il lavoro di giurato, al quale tutti, secondo le diverse fasce d’età, sono
chiamati. I numeri sono i numeri: potrebbero spaventare. Gianvincenzo Nastasi,
membro della direzione artistica, conosce bene l’organizzazione di Giffoni:
R.
- Bisogna dire che lavoriamo tutto l’anno per questo evento. Ci prepariamo molto per
l’evento di luglio e siamo in tanti: tante persone che da anni con esperienza riescono
a fare tutto ciò. C’è tutto l’Ufficio delle Giure: ragazze fantastiche che si occupano
di contattare i giurati internazionali e le delegazioni. Noi spesso dalla direzione
artistica lanciamo dei “contest creativi” per i giurati italiani, così da selezionarli
durante tutto l’inverno. Quindi arrivano qui che, in qualche modo, già li conosciamo
e questo ci facilita la cosa.
D. - Come preparate i giovanissimi giurati?
R.
- Facendo capir loro quanto sia importante essere qui, quanto sia bello e quanto siano
fortunati a essere qui: noi abbiamo migliaia e migliaia di richieste e purtroppo dobbiamo
dire “no” a tanti ragazzi. Quindi, già il fatto di essere qui è certamente una gioia,
ma anche una responsabilità. Cerchiamo, infatti, di responsabilizzarli, perché loro
sono effettivamente i giurati ufficiali: a partire dai tre anni, che sono i più piccini,
vedono dei film che poi devono votare. Quindi responsabilizzandoli, sì, ma facendoli
anche molto divertire: noi abbiamo un approccio molto giocoso e allegro, come è giusto
che sia.
D. - E’ una provocazione, visti i tempi difficili che la nostra società
e i giovani soprattutto stanno vivendo, con la precarietà che appesantisce le loro
prospettive e i valori che si opacizzano, proporre la felicità come filo conduttore?
R.
– Assolutamente sì. E’ proprio in quest’anno che bisogna provare a essere felici,
a rilanciare la felicità. Noi, che abbiamo la fortuna al Giffoni di lavorare con i
ragazzi, che rappresentano davvero non solo il futuro, ma anche il presente della
nostra società, dobbiamo proporci con animo davvero luminoso e positivo. Io penso
che la creatività, la scuola e tutto ciò che riguarda il mondo dei ragazzi possa essere
il nostro bacino, il nostro motore per ripartire. Quindi, è giusto che da Giffoni
parta una rinascita attraverso la parola felicità.
D. - Finisce il Festival
e si torna a casa: qual è l’esperienza che il giurato porta con se e conserva?
R.
– Abbiamo la fortuna che con questi ragazzi continuiamo ad avere un rapporto e quando
leggiamo le lettere che ci scrivono, quello che noi vediamo che portano dentro, i
loro sguardi, le emozioni che vivono qui. Noi a volte non ce ne rendiamo conto, ma
abbiamo davvero la possibilità di mostrare altre strade, di mostrare un mondo fatto
di condivisione, di culture che s’incontrano. Ci sono ragazzi che vengono da Paesi
in cui, magari, non c’è nemmeno il cinema: vengono qui e riescono a parlare con un
ragazzo che vive dall’altra parte del mondo. Questa è la cosa più bella: quando riceviamo
le lettere dei ragazzi che ci dicono quanto il Giffoni gli abbia fatto bene. Questo
è ciò che dà un senso al nostro lavoro.