Visita di Hillary Clinton in Medio Oriente: da oggi al Cairo, lunedì in Israele
Comincia oggi dal Cairo il viaggio in Medio Oriente del segretario di Stato statunitense,
Hillary Clinton, che il 16 e 17 di questo mese sarà invece a Gerusalemme. La visita
in Egitto sarà anche la prima dopo l’elezione del presidente egiziano Mohammed Morsi,
dei Fratelli Musulmani. Davide Maggiore ha chiesto a Giorgio Bernardelli,
giornalista esperto di Medio Oriente, se questo cambio al vertice inciderà nei rapporti
tra Stati Uniti ed Egitto:
R. - Il cambiamento
è già nelle cose, la presenza di un presidente che proviene dallo schieramento dei
Fratelli Musulmani è un fatto nuovo. Fino ad ora, l’amministrazione americana ha adottato
un grande pragmatismo rispetto a questa novità e probabilmente questa sarà comunque
la strada che verrà percorsa anche nelle prossime settimane. Teniamo però presente
che questa visita avviene in un momento molto particolare: in Egitto è in corso un
braccio di ferro tra il presidente Morsi ed i militari. Credo che Hillary Clinton
cercherà soprattutto di puntare sulle garanzie rispetto alla futura Costituzione,
che è la vera posta in palio e in discussione. Penso che sarà molto forte, per esempio,
il tema del rispetto dei diritti delle minoranze, sul quale ci si sta dividendo in
maniera abbastanza netta all’interno del fronte islamista egiziano.
D. -
Quale situazione troverà invece la Clinton in Israele e nei territori palestinesi?
R.
- Una situazione di stallo, che dura ormai da molto tempo. E’ difficile pensare in
questo momento a grandi novità dal punto di vista del negoziato, che è fermo ormai
da un anno e mezzo. Da questo punto di vista, non ci sono grandi novità all’orizzonte:
se ci saranno nuove iniziative da parte dell’amministrazione americana, forse potranno
essere dopo le elezioni di novembre, non certo in questo momento. Credo che il tema
centrale del viaggio della Clinton a Gerusalemme sarà la questione della Siria, sulla
quale in questi ultimi giorni l’amministrazione americana ha preso posizioni molto
forti. Anche Israele è molto preoccupato per quanto sta succedendo in Siria. Però,
allo stesso tempo vive la preoccupazione di non ritrovarsi a due passi da casa, con
un dopo Assad che sia nelle mani di forze legate ad Al Qaeda
D. - Può riuscire
il segretario di Stato americano a mantenere buoni rapporti, tanto con l’Egitto, in
cui acquistano un nuovo ruolo i Fratelli musulmani, che con Israele le cui priorità
prevedibilmente saranno opposte?
R. - E’ la grande sfida di questo momento
storico in Medio Oriente, non solo per questa visita. Bisognerà vedere, ovvero bisognerà
anche capire, per esempio - nello specifico della questione - che fine fanno gli accordi
di Camp David, quelli storici firmati da Sadat tra Israele ed Egitto. Anche su questo
non è ancora affatto chiara quale sia la posizione dei Fratelli musulmani: più volte
hanno cercato di rassicurare dicendo che quegli accordi non sono in discussione, in
altri casi ci sono state dichiarazioni in cui si puntava a delle modifiche. E’ una
situazione in grande movimento, io credo che in questa fase non c’è da aspettarsi,
né da una parte né dall’altra, grandi cambiamenti perché nessuno ha oggi l’interesse
ad aprire un fronte di tensione nuovo. Il tempo dirà se si tratta di una tregua momentanea,
o se è l’inizio di un approccio molto più pragmatico anche da parte del mondo islamista
nei confronti di questa questione.