Italia, cattolici e politica. Patriarca: serviamo il bene comune del Paese
Nel fermento, mai sopito, delle aggregazioni di matrice cattolica interessate a incidere
nella vita politica e sociale italiana, va considerato anche il lavoro svolto dalle
Settimane sociali dei cattolici italiani. Sulla marcia di preparazione intrapresa
dagli organizzatori verso il 47.mo appuntamento – che vivrà i suoi momenti culminanti
nel settembre 2013 a Torino – si sofferma Edo Patriarca, segretario del Comitato
promotore e presidente delle Settimane sociali, intervistato da Luca Collodi:
R. – Ci ritroveremo
a Torino, perché il Piemonte è una regione importante del Nord e perché sono passati
tre anni ormai dalla Settimana Sociale di Reggio Calabria. Ci ritroviamo su un tema
caro ai cattolici, che vorremmo fosse poi proposto con forza e convinzione, come quello
sulla famiglia e su come la famiglia possa essere un indicatore di qualità per la
vita dell’Italia. Credo che Torino 2013 sarà un passaggio importante, soprattutto
in una stagione complessa e difficile perché nella storia delle Settimanale sociali
questi passaggi hanno fatto bene anche al Paese. Soprattutto, è un passaggio che può
aiutare il laicato cattolico a ritrovarsi ancora una volta a convergere e riflettere
su come si può davvero incidere sul bene comune della Nazione. Questo Paese può ancora
contare, lo dico con umiltà, su questa spina dorsale rappresentata dalle Chiese locali
e dal laicato cattolico.
D. – Guardando alla politica attuale, voglio chiede
le che fine ha fatto il documento delle Settimane sociali di Reggio Calabria, più
che mai attuale soprattutto nella parte della riforma della legge elettorale. Perché
sembra rimosso dalla riflessione del laicato cattolico…
R. – Il documento approvato
a Reggio Calabria è un documento della Chiesa italiana. Finalmente, a settembre, con
un po’ di ritardo, saranno pubblicati gli atti della Settimana sociale di Reggio e
credo che la rilettura di quell’agenda tornerà a evidenziare come quel percorso del
2010 sia stato di grandissimo rilievo, perché quei temi che abbiamo proposto a Reggio
Calabria sono ancora l’agenda del Paese. Cinque aree tematiche di speranza per il
Paese, lo ricordo, dedicate a lavoro, scuola, inclusione, mobilità sociale, università,
e riforme a partire dalla legge elettorale dando agli elettori un potere reale di
scelta e di controllo. Significa che il mondo cattolico, le organizzazioni laicali
cattoliche hanno ancora qualcosa da dire. Credo, in fondo, che anche la vicenda di
Todi sia stata resa possibile perché Reggio Calabria qualche buon seme nel laicato
cattolico, nelle nostre Chiese locali, l’aveva dato.
D. – Lei non pensa, guardando
al rapporto tra cattolici e politici, che resti del tutto intatta una differenza,
a mio giudizio negativa, tra un’Italia cattolica un po’elitaria e un Italia cattolica
popolare?
R. – Credo che questo divario ci sia. Rischiamo un po’ quello che
rischia la politica: dei ragionamenti che hanno una loro validità teorica, ma che
non hanno niente a che vedere, o poco, con la vita quotidiana delle persone. Credo
che questo rischio lo possiamo correre anche noi cattolici, ed è un rischio mortale
per la nostra comunità. E’ un lusso che non ci possiamo permettere, perché la vita
del popolo è strettamente connessa all’annuncio del Vangelo. Il radicamento popolare
del cattolicesimo italiano, va mantenuto intatto. Chi pensa e ha responsabilità oggi
in Italia deve misurarsi con la vita delle persone.