Rwanda. La Commissione Giustizia e Pace ribadisce il suo no alla legge sull’aborto
“Una legge che va contro il diritto alla vita della persona umana”: così mons. Servilien
Nzakamwita, presidente della Commissione Giustizia e pace della Conferenza episcopale
del Rwanda (Cepr), definisce la normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Nell’Assemblea ordinaria della Commissione, svoltasi due giorni fa, il presule si
è soffermato sulla legge - già approvata da Camera e Senato ed in procinto di essere
firmata dal Capo dello Stato, Paul Kagame - che autorizza l’interruzione volontaria
di gravidanza se una donna è rimasta incinta in seguito ad una violenza, se è vittima
di un matrimonio forzato, se ha avuto rapporti con un congiunto fino al secondo grado
di parentela o se la gravidanza mette seriamente in pericolo la sua vita o quella
del bambino. “La Chiesa condanna questa legge – afferma mons. Nzakamwita – e non cesserà
mai di opporvisi”, tanto più che “la comunità cristiana si era già detta categoricamente
contraria alla sua approvazione”. Insieme ad esponenti di altre religioni, infatti,
la Cepr ha formato un forum, denominato “Rwanda peace plan” proprio per ribadire i
valori della vita, “dell’educazione alla giustizia e del rispetto dei diritti fondamentali
della persona umana”. Tra gli altri temi trattati dall’Assemblea di Giustizia e pace,
anche “l’aumento delle violenze domestiche basate sul genere e che, attualmente, si
concretizzano in atti criminali contro i congiunti”, e la gestione dei conflitti dopo
la chiusura dei tribunali Gacaca, ovvero i tribunali simili alle “corti popolari”,
composti non da giudici, bensì da membri della società civile, eletti all’interno
delle diverse comunità locali. A tali tribunali, lo Stato aveva affidato il compito
di giudicare gli imputati accusati di aver partecipato agli eccidi del 1994, con la
sola eccezione dei responsabili di genocidi livello nazionale, il cui giudizio è rimasto
di competenza dei tribunali convenzionali. “In effetti – ha sottolineato mons. Nzakamwita
– in alcuni casi, i tribunali Gacaca hanno creato problemi che, se non risolti pacificamente
e cristianamente, rischiano di ostacolare il processo di unità e di riconciliazione
nazionale”. Infine, l’Assembla di Giustizia e pace ha deciso di implementare l’autonomia
finanziaria della Commissione e di istituire una struttura in cui i suoi membri possano
operare a tutti i livelli, anche a quello delle comunità di base. (A cura di Isabella
Piro)