2012-07-12 14:21:23

Israele e le tensioni nello scacchiere mediorientale: l'analisi di Eric Salerno


Il fronte israelo-palestinese si infiamma, con una serie quotidiana di lanci di razzi da Gaza e – in risposta – di raid aerei dello Stato ebraico. Uno stillicidio di vittime che scava il solco di nuove tensioni, in realtà mai sopite, ma che in questo momento sono messe in ombra dalle violenze siriane e dalla difficile normalizzazione egiziana. Sulla situazione in Israele e nell’intera area, Salvatore Sabatino ha intervistato Eric Salerno, esperto di Medio Oriente del quotidiano Il Messaggero:RealAudioMP3

R. – Sul fronte interno israeliano, a livello politico, tutto il dibattito è incentrato sulla questione che riguarda gli ebrei-ortodossi e il servizio militare: se devono farlo, per quanto tempo e come. Questo riguarda anche gli arabi di Israele, che qualcuno vorrebbe reclutare nelle forze armate. Secondo elemento di discussione: se Israele intenda attaccare l’Iran o no. La questione palestinese, invece, praticamente non esiste. In questo momento, non esiste nemmeno per i palestinesi che non stanno facendo niente. Parlano forse di andare all’Assemblea generale dell’Onu, a settembre, per rinnovare la loro richiesta di riconoscimento della Palestina come Stato indipendente.

D. – Il ministro degli Esteri, Lieberman, poche settimane fa ha detto che la situazione in Egitto è molto complicata e non è un caso forse che Israele abbia annunciato che installerà una batteria di anti-missili sulla frontiera meridionale con l’Egitto. Insomma, una situazione di crescente tensione su quel fronte…

R. – Ci sono stati alcuni incidenti. L’anno scorso c’è stato un attacco nel Sinai egiziano, contro macchine che transitavano lungo il confine dalla parte israeliana, nei pressi di Eilat - zona turistica sul Mar Rosso - ovviamente, si teme in Israele che possano succedere altri incidenti di questo tipo, anche perché in questo momento guardano al Sinai come un territorio in balia di bande più o meno organizzate: organizzazioni qaidiste, movimenti di beduini che sono trafficanti d’armi e di altre cose. Loro sostengono che le forze armate egiziane - nonostante un rafforzamento della loro presenza nel Sinai, autorizzato da Israele nel quadro di una revisione degli accordi di pace - non sono in grado di controllare la situazione e si teme quindi una escalation di violenza.

D. – Anche sul fronte siriano, ovviamente, non mancano le preoccupazioni nello Stato ebraico, per lo più con il rischio di contagio che questa guerra può avere sul Libano, che da sempre è un vicino abbastanza pericoloso…

R. – Credo che ciò che soprattutto preoccupa Israele è che, dopo Assad, in Siria - perché ci sarà prima o poi un dopo Assad, anche se non si tratta di una transizione politica, qualcosa sta pur sempre accadendo - possa venir fuori una spaccatura del Paese, o una riunificazione del Paese sotto forze che possono essere ancora meno disponibili di Assad. Bisogna ricordare che Assad ha sempre mantenuto i patti con Israele: suo padre e lui hanno sempre impedito attacchi lungo il confine comune tra i due Paesi. Il timore di azioni terroristiche sul Golan, o nella zona limitrofa, il timore del Libano, riguardano Israele fino ad un certo punto: Israele guarda al Libano più come una minaccia presentata da Hezbollah, ed Hezbollah semmai è vicino ad Assad e all’Iran. Non è certamente un gruppo - essendo loro sciiti - che potrebbe legare con i qaidisti o con altri elementi siriani, che sono più vicini ai Fratelli musulmani, che non sunniti.







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