Mali: a Bamako una Forza speciale per la transizione
Un corpo di élite indipendente formato da 1200 uomini con il mandato di “garantire
la sicurezza del capo di Stato, del primo ministro, del presidente dell’Assemblea
nazionale e delle altre istituzioni di transizione”: ad annunciarne la nascita è il
ministero della Comunicazione di Bamako. La decisione è stata presa del primo ministro
Cheick Modibo Diarra, che assume anche l’interim della presidenza, due giorni dopo
una visita ufficiale in Marocco e un vertice della Comunità economica dei paesi dell’Africa
occidentale (Cedeao/Ecowas) a Ouagadougou. Il comunicato ufficiale ripreso dall'agenzia
Misna, precisa che le Forze speciali “saranno indipendenti dal resto dell’esercito
e risponderanno all’autorità diretta del presidente della Repubblica”. La creazione
del corpo di élite è stata presa di “comune accordo” tra Diarra e il presidente di
transizione, Dioncounda Traoré, in esilio a Parigi da maggio dopo un’aggressione subita
proprio nel suo ufficio. I due, riferisce il quotidiano ‘Journal du Mali’, hanno sollecitato
il sostegno degli ‘amici’ del Mali per la formazione dell’unità e per rafforzare l’equipaggiamento
materiale e logistico. “Del corpo di élite - ha dichiarato Hamadoun Touré, portavoce
del governo - faranno parte gli ultimi elementi diplomati alla scuola di polizia e
gendarmeria; ne prenderemo 1200 su 1800. Il Mali dimostra così di poter contare su
un forte potenziale umano che ha solo bisogno di perfezionare la propria formazione
e di avere un po’ di sostegno logistico, dopo di ché sarà operativo”. Se la tutela
delle istituzioni di transizioni è stata più volte auspicata dalla mediazione regionale
della Cedeao, in particolare all’ultimo vertice di Ouagadougou, alcuni osservatori
sottolineano che Bamako ha anticipato i tempi dotandosi da sola di un’unità speciale.
Fonti locali dell'agenzia Misna hanno già raccontato che a Bamako non tutti vedono
di buon occhio un intervento esterno sul territorio nazionale e che alcune forze sono
convinte che l’esercito maliano sia in grado di affrontare da solo la crisi del Nord,
passato da tre mesi sotto il controllo di ribelli tuareg e islamici. Su questo punto
esistono significative divisioni all’interno della classe politica: c’è chi, come
il Fronte democratico e repubblicano (Fdr, anti giunta), considera “necessario” il
sostegno della Cedeao, che per ora non ha reagito all’iniziativa di Bamako. Intanto
due esponenti della mediazione dell’Africa occidentale – il ministro degli Esteri
burkinabé Djibril Bassolé e l’ivoriano Ally Coulibaly – sono arrivati a Parigi per
incontrare il presidente in esilio, Traoré, che sabato scorso non ha potuto partecipare
al vertice di Ouagadougou (Burkina Faso). Secondo alcuni osservatori, gli inviati
nella capitale francese potrebbero esercitare pressioni sul capo di Stato ad interim
perché rientri in patria e costituisca un governo di unità nazionale entro la scadenza
del 31 luglio. Dopo quella data la Cedeao escluderà il Mali dalle istituzioni regionali.
Da Traoré dipendono anche le sorti del Nord: formalmente è lui che deve chiedere alle
Nazioni Unite e alla Cedeao il dispiegamento di una forza regionale a sostegno delle
truppe maliane per difendere l’integrità del territorio nazionale. Di un parere diverso
è il governo della confinante Algeria. “La crisi del Mali deve essere risolta nell’ambito
di un accordo politico in modo da evitare un intervento militare. Siamo convinti che
esiste ancora uno spiraglio importante per una soluzione negoziata: questa è la nostra
posizione comune” ha dichiarato il ministro degli Esteri Mourad Medelci al termine
di un incontro ad Algeri dell’Unione del Maghreb arabo (Uma). (R.P.)