2012-07-09 15:13:10

La Chiesa in Mongolia festeggia i 20 anni di vita


La Chiesa cattolica in Mongolia in festa per celebrare i 20 anni di presenza nel Paese asiatico uscito nel 1991 da 70 anni di dittatura comunista. L’anno seguente veniva aperta la prima missione mongola, con l’arrivo nella capitale di mons. Wencelaslao Padilla, allora nunzio apostolico nella Corea del Sud, oggi prefetto apostolico di Ulaan Bataar. Una Chiesa piccola che oggi conta circa 800 fedeli su una popolazione di 2 milioni di abitanti, una Chiesa che vuole crescere e contribuire allo sviluppo della Mongolia. Roberta Gisotti ha intervistato padre Ernesto Viscardi, missionario della Consolata, viceprefetto apostolico:RealAudioMP3

R. – E’ una prima tappa di un cammino iniziato nel ’92 con i primi tre missionari che sono arrivati qui in Mongolia e direi che è stato un cammino lento, però attento alle situazioni che il Paese viveva. Un cammino anche attento a tutti i bisogni di una prima evangelizzazione, quindi un momento di riflessione, di memoria, ma anche di progettazione verso il futuro.

D. – Quando la Chiesa ha inaugurato la sua presenza, la Mongolia usciva dal regime comunista. Qual è la situazione oggi rispetto a vent’anni fa?

R. – Direi che la situazione sociale è totalmente cambiata. L’uscita dei russi lasciava un Paese con tutte le cose da fare. Oggi come oggi questo è un Paese che si presenta al mondo con una crescita annua del 17 per cento, è uno dei Paesi che sta crescendo in maniera vistosa soprattutto in questi anni grazie alla ricchezza del territorio. Quindi è un Paese che sta cambiando dal punto di vista economico, con questi grossi investimenti dall’estero, soprattutto nel ramo delle miniere di carbone, di rame, di uranio, di oro, etc. E’ un Paese che sotto la spinta e la ricchezza economica sta cambiando anche dal punto di vista sociale e culturale. Questi cambiamenti hanno i loro aspetti belli ed hanno i loro aspetti negativi. Questa modernità che sta entrando, questa apertura al grande mercato mondiale sta in qualche maniera erodendo un po’ la ricchezza e le tradizioni di questo Paese ma dandogli la possibilità di una crescita e di un livello di vita per tutti certamente molto più alto. E’ chiaro che questo pone alla Chiesa grossi interrogativi. Primo fra tutti il proiettare questa situazione nei prossimi anni, cosa sarà la Mongolia fra 5 anni, cosa sarà il suo tessuto sociale, come sarà il suo livello di vita e quali saranno i bisogni religiosi a partire da ora. Noi stiamo vivendo con il nostro popolo mongolo questo cammino di transizione che non è facile nel senso che avviene in uno spazio di tempo molto breve rispetto a quanto le culture europee hanno potuto vivere lungo i secoli. Quello che si spera è che sia lo Stato, sia l’Amministrazione, ma direi anche il ceto culturale di questo Paese possano in qualche maniera gestire in maniera efficiente e positiva questa transizione che sta avvenendo.

D. La Chiesa cattolica è cresciuta ma resta una piccola minoranza?

R. – Siamo 825 cattolici su 2 milioni e 800 mila abitanti.

D. - Quali sono i rapporti con le autorità civili e con fedeli delle altre confessioni?

R. – Il vescovo attuale, mons. Padilla, durante gli anni ha sempre cercato di mantenere un rapporto aperto, un rapporto cordiale, di collaborazione anche con le varie Amministrazioni. Il Paese dichiara una libertà religiosa dal punto di vista della legge nazionale. Di fatto poi questa libertà religiosa, questo principio viene applicato in maniera molto diversa secondo le diverse regioni. A livello più locale ogni istituzione religiosa, la nostra compresa ha bisogno del permesso specifico per potere esercitare attività religiose in un dato luogo e tutte le volte che c’è da aprire un centro c’è da fare tutta una lunga trafila burocratica per ottenere il permesso e poi non si è sempre sicuri di poterlo ottenere. Dal punto di vista di problematiche vere e proprie, come espulsioni di missionari, non ce ne sono state, di fatto però lo Stato ci tiene d’occhio per quello che facciamo.

D. - Quali sono le attività che la Chiesa riesce a svolgere?

R. – La nostra Chiesa conta ormai in questi vent’anni l’apertura di cinque parrocchie. Attorno a questi centri parrocchiali hanno iniziato una serie di attività anche sociali molto apprezzate dalle autorità locali che vanno dai ragazzi di strada, che è stata certamente la prima attività, alle mense per i poveri delle suore di Madre Teresa, alle scuole di recupero delle suore di Saint Paul de Chartres, ai centri scolastici per formazione come la scuola dei salesiani, a una serie di asili, di attività sociali che si erano sviluppate fin dall’inizio e che hanno permesso alla Chiesa di presentarsi e di far vedere la sua carta d’identità, di far capire un po’ allo Stato che certamente non aveva esperienza di Chiesa cattolica e rimane ancora molto nebulosa l’idea fra Vaticano e Chiesa cattolica. Oggi come oggi la presenza della Chiesa cattolica è capita. Si intuisce anche l’importanza che ha la nostra Chiesa anche a livello mondiale. L’anno scorso c’è stata questa visita del nostro presidente al Papa che è stato un momento molto importante per la presenza della nostra Chiesa.







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