In Libia si profila la vittoria dei moderati che lanciano un appello all'unità nazionale
Cresce l’attesa in Libia per i risultati delle prime elezioni libere nel Paese, che
potrebbero portare a una vittoria a sorpresa dei 'moderati' a scapito degli islamici.
Se le indiscrezioni fossero confermate, si tratterebbe del primo Paese della Primavera
araba con gli islamici sconfitti alle urne. Da Tripoli, ci aggiorna Cristiano Tinazzi:
Per un commento
ai primi risultati parziali della Libia, Benedetta Capelli ha intervistato
Luciano Ardesi, esperto di questioni nordafricane:
R. – Quello
che possiamo dire in questo momento è che in Libia le elezioni non hanno dato, come
negli altri Paesi – Egitto, Tunisia e Marocco – il potere ai Fratelli musulmani e
ai partiti islamici. Dovremo però attendere i risultati per sapere la composizione
dell’assemblea, che prevede 80 seggi ai partiti e 120 seggi ai rappresentanti cosiddetti
indipendenti, ma che sono più o meno legati ai partiti. Probabilmente ne uscirà un’assemblea
molto variegata, in cui saranno necessarie delle alleanze e, in questo contesto, gli
islamici potrebbero ancora trovare – diciamo – una loro collocazione. Del resto questo
appare anche nella prima dichiarazione del leader delle forze nazionali, l’ex primo
ministro di transizione Mahmud Jibril, che ha già detto che probabilmente sarà necessaria
una coalizione di governo.
D. - Un governo di coalizione e anche qui si gioca
il futuro democratico della Libia: quali saranno le difficoltà?
R. – Probabilmente
un qualche accordo all’interno del parlamento sarà trovato per la formazione del nuovo
governo: il problema è sapere se poi questo governo riuscirà a tenere insieme il panorama
politico piuttosto variegato della Libia. Dobbiamo tener conto delle variabili tribali,
etniche e – come sappiamo – le elezioni si sono svolte in un clima teso proprio per
il fatto che i partiti che rappresentano l’est del Paese – e quindi Bengasi e la sua
regione, la Cirenaica – hanno contestato la ripartizione dei seggi all’interno del
nuovo parlamento ed è probabile che questa tensione si possa poi ripercuotere nel
lavoro sia del parlamento, sia del governo. Diciamo quindi che alla prova dei fatti
sapremo veramente se la Libia avrà saputo trovare un suo equilibrio.
D. –
Il voto è stato caratterizzato da lunghe code ai seggi a Tripoli e, invece, atti di
sabotaggio a Bengasi: Stati Uniti ed Europa parlano, però, di una grande prova di
democrazia. E’ realmente così?
R. – Sicuramente è stato un appuntamento storico:
le prime elezioni libere praticamente dall’indipendenza del Paese, considerando anche
il periodo del Re Idris. In questo senso è quindi una data storica, ma come l’esperienza
ci dice nei Paesi che affrontano la transizione alla democrazia, la transizione è
un fenomeno molto compresso e anche lungo. I partiti politici in Libia non hanno di
fatto mai avuto esistenza e quindi c’è una immaturità – per così dire – politica,
che del resto si è manifestata anche durante tutti i mesi del governo di transizione:
questa immaturità naturalmente non potrà essere cancellata con un colpo di bacchetta
magica! Bisogna dare fiducia ai libici che potranno costruire il loro futuro, ma non
sarà ovviamente una transizione pacifica, quindi senza scontri e senza contraddizioni.
Oltretutto questi scontri - anche militari - sono continuati nelle ultime settimane
e pure durante la campagna elettorale e anche questo rappresenta un'altra sfida: quale
tipo di esercito nazionale verrà costruito, mettendo insieme le milizie che hanno
contribuito alla caduta di Gheddafi? Questo è un grande interrogativo.