Egitto. Convocato per domani il parlamento, i militari in seduta d’emergenza
Il presidente del parlamento egiziano ha convocato per domani una riunione della Camera
bassa dopo che ieri il presidente Mohammed Morsi ha revocato l'ordine di scioglimento
del parlamento deciso dal Consiglio supremo militare. Immediata la reazione dei vertici
in divisa, che hanno convocato una seduta d’emergenza “per studiare e discutere le
ripercussioni della decisione” del neo capo di Stato. Il servizio di Massimiliano
Menichetti:
Il parlamento
egiziano tornerà a riunirsi fino alle prossime elezioni parlamentari che dovranno
tenersi entro 60 giorni dall'approvazione della nuova Costituzione. Lo ha deciso il
neopresidente Morsi, che ieri ha ordinato “la riconvocazione delle sessioni dell’Assemblea”
sciolta con un decreto del Consiglio supremo militare il 15 giugno in base a una sentenza
di incostituzionalità di alcuni articoli della legge elettorale emessa dai magistrati
della Corte Suprema. Decisione questa che aveva consentito ai militari del maresciallo
Hussein Tantawi – al potere dalla caduta di Mubarak – di attribuirsi, tra gli altri,
anche il potere legislativo, facendo gridare al golpe le forze politiche islamiche.
Adesso non è chiaro quali saranno le mosse dei militari, che ieri hanno convocato
una seduta d’emergenza “per studiare e discutere le ripercussioni della decisione”
di Morsi, che intanto lavora anche a rilanciare l'immagine del Paese. Ieri, nel corso
della visita al Cairo del vice segretario di Stato americano, William Burns, è arrivato
l'invito del presidente Obama a Morsi a visitare gli Stati Uniti in settembre, a margine
dell'Assemblea generale dell'Onu. E sabato prossimo sarà il segretario di Stato, Hillary
Clinton, a recarsi nel Paese delle piramidi.
Sulla complessa situazione egiziana,
Massimiliano Menichetti ha chiesto un commento al prof.Massimo Campanini,
docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento:
R. – Ci troviamo
di fronte a un vero e proprio ritorno alla rivoluzione: i Fratelli musulmani stanno
dimostrando sempre più di voler essere i vindici della rivoluzione che ha battuto
Mubarak. In questo modo, riportano il Paese sulla via della legalità, poiché indubbiamente
quello che avevano fatto i militari – sciogliendo il Parlamento – poteva configurarsi
come una sorta di colpo di Stato: in questo modo i Fratelli musulmani dimostrano invece
di essere gli autentici eredi della rivoluzione e di essere coloro che possono indurre
il Paese su un cammino democratico. D’altro canto, i militari si dimostrano sempre
di più come coloro che vogliono cambiare tutto per non cambiare nulla e che hanno
cercato di tenere sotto controllo il processo rivoluzionario per far sì, però, che
il regime di Mubarak al fondo non cambiasse e rimanesse – al di là di una cosmesi
esteriore - sostanzialmente invariato.
D. – Ma questo può aprire potenzialmente
anche un fronte contro la magistratura: il 30 giugno scorso, Morsi ha giurato davanti
alla Corte costituzionale e non davanti al parlamento, proprio perché era stato sciolto,
ma garantendo che avrebbe rispettato tutti i verdetti della magistratura e della Corte.
Di fatto, questo provvedimento va in una direzione opposta…
R. – Questo è indubbiamente
vero, però la situazione è talmente magmatica e in fase evolutiva che uno scontro
dei poteri istituzionali è nella forza e nella logica delle cose. Io penso che la
Corte costituzionale abbia deciso nelle settimane scorse su pressioni molto forti
da parte dei militari: in questo modo c’è una svolta molto importante del processo
democratico. E’ chiaro che questo scontro dei poteri istituzionali potrebbe essere
potenzialmente molto pericoloso, ma non credo che questo atto da parte di Morsi significhi
effettivamente una diminuzione della autorevolezza e dell’indipendenza della magistratura,
senza che naturalmente che questa magistratura dimostri di essere veramente incline
a aiutare il processo democratico in Egitto.
D. – I militari, quindi, dall’inizio
della rivoluzione continuano a cercare di tenere il potere e sono una forza economica
molto forte nel Paese: a questo punto i militari lasceranno il potere o cosa c’è da
aspettarsi?
R. – Io credo che, se i militari esagerassero nel voler tenere
il Paese contro la volontà della maggioranza degli egiziani, si potrebbe andare incontro
a una svolta molto pericolosa e potenzialmente di guerra civile all’interno dell’Egitto.
I militari, però, hanno la possibilità di tenere sotto controllo la situazione non
occupando i gangli vitali del potere, ma facendo valere da una parte la loro autorevolezza
e la loro potenza economica e, dall’altra, il ruolo che hanno sempre gestito i difensori
dello Stato nazionale di interpreti della volontà ufficiale del Paese. Da questo punto
di vista, ripeto, c’è in corso uno scontro costituzionale e istituzionale dagli svolgimenti
imprevedibili. Bisognerà vedere la logica dei vari equilibri se porterà a uno scontro,
oppure se ci sarà una convergenza di interessi: nel senso che i Fratelli musulmani
possono istituzionalizzare la rivoluzione e i militari hanno l’occasione di tenere
sotto controllo questa istituzionalizzazione della rivoluzione, senza eccedere con
le loro interferenze nello svolgimento dei processi politici.