Situazione drammatica in Mali. Il nunzio: cristiani in fuga, potrebbe essere un nuovo
Afghanistan
Resta drammatica la situazione in Mali dopo l’occupazione del Nord da parte degli
estremisti islamici. Il presidente francese François Hollande e il segretario di Stato
americano Hillary Clinton si sono detti “preoccupati”, ribadendo il loro sostegno
agli sforzi per “il pieno ritorno della democrazia” nel Paese. E per sabato, a Ouagadougou
in Burkina Faso, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale ha convocato
un vertice per cercare una soluzione alla crisi. La nostra collega della redazione
tedesca, Gudrun Sailer, ha parlato della situazione con il nunzio in Mali,
l’arcivescovo Martin Krebs:
R. - Si tratta
di una crisi di immensa gravità dal punto di vista politico, religioso, ecclesiastico
e missionario. In quella regione, stiamo vivendo una crisi senza precedenti. Non si
può sintetizzare in qualche frase, la complessità della situazione, ma se si vuole
schematizzare, prendiamo il diritto internazionale: la sovranità e l’integrità di
uno Stato sono minacciate, minacciate da gruppi di fanatici religiosi. L’attuale governo
non può imporsi efficacemente. Poi oltre il diritto internazionale prendiamo in considerazione
i diritti umani, anche loro sono gravemente minacciati; in particolar modo lo è la
libertà religiosa, la cultura della popolazione. Infine, dal punto di vista ecclesiale
ci troviamo davanti alle macerie di decenni di lavoro di sacerdoti, di religiosi,
di laici, che hanno costruito la Chiesa in quella parte del Mali, con il sostegno
efficace della Chiesa universale. Tutto questo, può sintetizzare la complessa crisi
del Mali.
D. - Come si presenta concretamente la situazione degli stessi cristiani
nel Mali?
R. - I cristiani che abitavano in quelle zone del Nord sono fuggiti.
In quella regione non ci sono più cristiani. Contiamo circa tra i 160 mila e i 180
mila sfollati, che sono scappati verso Paesi vicini del Togo, del Benin e della Nigeria.
La loro fuga è iniziata recentemente. Ho avuto modo di incontrarne qualcuno; sono
sorprendentemente silenziosi, non esprimono ad alta voce il loro dolore, sono taciturni,
sotto shock. Una crisi mai vissuta. Dobbiamo fare di tutto per sostenerli e rendere
di nuovo possibile una vita a questa gente che ha perso tutto.
D. - Qualcuno
teme che questa crisi possa avere delle ripercussioni su tutto il Sahel. Ma è possibile
una cosa del genere?
R. - Difficile predire una cosa del genere, perché ci
sono tanti gruppi islamisti in quella regione dell’Africa del Nord, nel Sahel. Attualmente
questi gruppi che hanno occupato il Nord del Mali hanno un grande prestigio. Hanno
approfittato dell’assenza del potere centrale di Bamako, sono gruppi fanatici religiosi
che cooperano con semplici criminali che vivono grazie al commercio di droga, armi,
persone. Attualmente godono di un grande prestigio e questo può costituire, per altri
gruppi, l’occasione di unirsi a loro. Ma può anche succedere che nel futuro questi
gruppi si troveranno l’uno contro l’altro. Hanno tutti le stesse convinzioni: hanno
un elemento fanatico, una sete di potere. Non si può dire quale sarà la futura situazione
del Sahel; ma potrebbe divenire un nuovo Afghanistan.