Domani elezioni in Libia: la speranza e la fiducia del vicario apostolico di Tripoli,
mons. Martinelli
Elezioni in Libia, domani, per l’elezione dell’Assemblea Costituente a cui spetterà
nominare il nuovo governo e redigere la Costituzione dell'era post-Gheddafi. Poco
meno di tre milioni i cittadini iscritti nelle liste elettorali. L'ultimo voto era
avvenuto nel 1964, cinque anni prima del colpo di Stato che condusse al potere il
Colonnello. Nel pomeriggio un elicottero che trasportava del materiale elettorale
è stato costretto a un atterraggio forzato fuori Bengasi dopo essere stato attaccato
via terra dalla contraerea. Una persona che era a bordo del velivolo è rimasta uccisa.
Il servizio di Adriana Masotti :
In palio ci
sono i 200 seggi dell’Assemblea nazionale libica, tra gli oltre 3000 candidati esponenti
delle liste di partito e indipendenti, 629 le donne. Non tutte le regioni libiche
hanno lo stesso peso: alla Tripolitania spetteranno 100 seggi, alla Cirenaica 60 e
al Fezzan 40: una spartizione che non ha soddisfatto i partiti dell'est, dove la spinta
federalista si è già scontrata con Tripoli, che ha minacciato il ricorso all'uso della
forza per preservare l'unità del Paese. Tra le formazioni politiche in lizza, spicca
l'Alleanza delle Forze Nazionali, di stampo liberale e filo-occidentale. I filo- islamici
si dividono, invece, fra il partito Giustizia e Costruzione, che fa capo ai Fratelli
Musulmani e al-Wattan, il partito della Nazione, fondato dall'ex comandante della
presa di Tripoli sul cui passato incombono ombre jihadiste. Nella nuova Costituzione,
che dovrà essere approvata dai due terzi dell'Assemblea Costituente e poi sottoposta
a referendum popolare, i deputati saranno chiamati a delineare la forma di governo,
l'eventuale assetto federalista nonché il ruolo dell'Islam nello Stato e nella società.
Chiara a riguardo l’indicazione del Consiglio nazionale transitorio che ha esortato
la futura assemblea a rendere la Sharia, ovvero la legge islamica, la "fonte principale
del diritto". Sul presente e sul futuro del Paese molte ancora le ombre. E’ la prima
volta che in Libia si tengono elezioni veramente libere, commenta mons. Giovanni
Martinelli, vicario apostolico di Tripoli: non c’è da meravigliarsi se ci saranno
dei problemi. Ma si è arrivati a questo momento storico in un clima di sufficiente
libertà e rispetto per tutti, candidati e elettori? Ascoltiamo mons. Martinelli:
R.
- Io penso di sì, anche se è difficile dire una parola certa per questa nuova realtà
che si propone alla società libica. Una cosa è sicura: i libici si sono preparati
con molto entusiasmo e certamente, anche con molta preoccupazione. Aspettano veramente
qualche risultato concreto che possa essere la vita nuova del Paese.
D. -
Il compito dell’Assemblea nazionale libica che uscirà dal voto, sarà nominare il nuovo
governo e poi la nuova costituzione. Che cosa, secondo lei, dovrebbe garantire principalmente
questa nuova costituzione nella Libia di oggi?
R. - Penso che innanzi tutto
quello che si vuole, e quello che i libici vogliano, sia una certa sicurezza; sicurezza
nel Paese e poi un clima più sereno e quindi di scelte per il programma del governo.
È una cosa non facile, anche perché è la prima volta. Tutti vorrebbero la sicurezza,
ma non tutti sono disponibili forse a dare quello che dovrebbero dare. Io ho fiducia
che, in questa realtà nuova che si presenta, qualche cosa di positivo verrà fuori
anche da queste elezioni e da queste decisioni dei libici.
D. – Lo dice Amnesty
International in un recente rapporto, e molti lo sostengono, che il rispetto dei diritti
umani e il primato della legge, dovrebbero essere le priorità di chi vince queste
elezioni. A che punto siamo oggi su questo in Libia?
R. - Credo che c’è tutta
la volontà di arrivare a questa decisione concreta del rispetto dei diritti dell’uomo.
Prima il leader faceva tutto: la legge era nelle sue mani, e la legge era lui. Oggi
ci si accorge come realmente le cose vanno evolvendosi, e la prima cosa forse da mettere
in evidenza è il rispetto di tutte le entità che sono in Libia, non soltanto le persone,
ma anche le diverse entità nelle diverse zone della Libia. Se vogliamo la libertà
e anche una pace, occorre garantire a tutte queste realtà proprio la libertà di espressione
e di vita. Mi riferisco in particolare alle cosiddette “cavile” o gruppi umani nelle
diverse zone, che hanno avuto un ruolo anche in questa liberazione della Libia. Quindi
questa possibilità di dare a tutti anche il respiro è necessaria in questo nuovo contesto
sociale.
D. - Per i cristiani presenti in Libia, c’è qualche preoccupazione
in più o in particolare?
R. - I cristiani in pratica sono tutti stranieri.
Quindi io mi auguro che la situazione nuova non presenti sorprese. Fino ad adesso
possiamo dire che la Chiesa è stata accettata, rispettata e i cristiani, in qualsiasi
parte si trovano, hanno la possibilità di esprimere, realizzare la propria fede. Pensiamo
ad esempio alle diverse unità, ai diversi gruppi, soprattutto filippini che lavorano
nel deserto, oppure lungo la costa nei diversi ospedali; sono persone che sicuramente
prestano un servizio importante al Paese e quindi viene assicurata loro la possibilità
di avere un servizio religioso necessario. Ripeto, sono soprattutto filippini, ma
anche coloro che lavorano negli ospedali, quelli che richiedono maggiormente un servizio
religioso. Ma penso all’eventuale ritorno delle compagnie straniere: ci sarà tanta
altra gente nei diversi cantieri, che avrà bisogno e richiederà una presenza sacerdotale
e una presenza di servizio pastorale.
Alle elezioni di domani tra i favoriti
spicca il partito di "Giustizia e Sviluppo", ramo politico della Fratellanza Musulmana.
Sarà una vittoria scontata? Risponde Renzo Guolo, docente di Sociologia delle Religioni
presso l'Università di Padova. L’intervista è di Benedetta Capelli:
R. – Diciamo
che è probabile, se non altro perché la Fratellanza, in Libia come altrove, è storicamente
una delle formazioni più organizzate e radicate da lungo tempo, e il suo statuto di
essere insieme confraternita religiosa e partito politico la favorisce. Questo, infatti,
le ha permesso anche negli anni della clandestinità di mantenere una certa forza.
Si tratterà di capire se riuscirà a vincere "in solitaria", com’è accaduto altrove,oppure
no. Dipende dai numeri.
D. – L’assemblea costituente dovrà redigere la Costituzione.
Si discute molto sulla sharia come unica fonte del diritto... R. – E’ un dibattito
in corso. Vi è un’ala - chiamiamola moderata - che guarda di più all’esperienza dell’Akp
turco, sia in Ennada tunisina ma anche nei Fratelli Musulmani, in qualche modo, non
si ritiene la sharia l’unica fonte del diritto o comunque un elemento coercitivo.
Certo quando parliamo di Fratellanza, parliamo di atteggiamenti e di correnti che
sono estremamente diversificati al loro interno. Per ora vincitrice pare l’anima pragmatica,
quindi disposta ad affermazioni di principio forti ma poi pronta, per esempio, a collaborare
con altre forze di diversa matrice nel governo quotidiano. Il caso libico è un po’
diverso, perché le formazioni sono molto radicate e radicalizzate, anche perché la
repressione del colonnello Gheddafi è stata durissima. Come altrove, i Fratelli Musulmani
si trovano però a scontare la concorrenza di un’ala salafita, addirittura nel caso
libico, come Ouattan, ossia di un’ala ex jihadista che formalmente ha rinunciato alla
lotta armata – hanno combattuto soprattutto nel vicino Afghanistan – e che si è detta
disposta a mettersi nel gioco della democrazia. Questo è un grande passo avanti, se
pensiamo che solo qualche anno fa, loro ritenevano idolatria la sola partecipazione
alla competizione elettorale.
D. – Che appuntamento sarà quello di domani? R.
– E' un appuntamento importante, ma si tratterà di capire soprattutto se questo potere
riceverà una legittimazione capace anche di mettere ordine. Le varie fazioni tribali,
le varie fazioni cittadine che si sono combattute, anche in questi mesi, a volte persino
a colpi di kalashnikov tra loro, rendono la situazione molto instabile. In più vi
è il grandissimo problema, mai risolto, del rapporto centro-periferia tra Tripolitania
e Cirenaica. Anche in questa occasione gli elementi della Cirenaica, da dove è partita
la rivolta, si lamentano che, per effetti dei collegi elettorali, il peso dei tripolitani
sarebbe maggiore. Quindi, questa è un’annosa questione, che si ripercuote da sempre
e che va risolta pena l’esplosione di un nuovo conflitto tra le diverse aree geografiche
del Paese.
D. – Ad oggi molti Paesi investiti dalla cosiddetta "Primavera Araba"
sono andati alle urne. Che bilancio si può fare? Sono cambiati un po’ gli equilibri
in quella regione? R. – Sicuramente noi abbiamo visto la vittoria di un clan politico,
ma questo era anche abbastanza scontato. Sostanzialmente le due grandi forze in campo,
al di là dei promotori delle rivolte, erano quelle dei militari, gli eredi dei regimi
nazionalisti, e i Fratelli Musulmani o le formazioni islamiste, che non sono solo
partiti politici ma anche espressioni di organizzazioni religiose. Fanno riferimento
ad un codice culturale condiviso, comprensibile a una larga parte della popolazione,
di cui una parte non è istruita, e che comprende meglio i codici molto semplici, trasmissibili
simbolicamente. Il peso dell’Islam in questi Paesi è evidente così come la sua influenza
in termini elettorali. Si tratterà, appunto, di vedere finalmente questi partiti islamisti
alla prova del governo. Anche questi Paesi sono dentro al meccanismo dei flussi globali
dell’economia, per esempio. Quindi, come affronteranno questi temi, ci dirà molto
anche del futuro di questi Paesi. Il grande problema è invece il tema dei diritti
umani, sia per quanto riguarda la libertà religiosa sia per quanto riguarda la questione
delle cosiddette minoranze religiose, a partire da quelle cristiane, sia per quanto
riguarda i diritti delle donne. Su questo misureremo davvero quanto di nuovo c’è in
questo corso inaugurato dalla "Primavera Araba".