Biblioteca Vaticana: 80 mila antichi manoscritti archiviati con le tecnologie spaziali
usate dalla Nasa
C'è una connessione insospettabile tra i circa 80 mila antichi manoscritti conservati
in Vaticano e le moderne tecnologie spaziali. La Biblioteca Apostolica Vaticana è
infatti l'unica istituzione culturale al mondo ad aver deciso di archiviare digitalmente
i propri manoscritti con il formato Fits (Flexible Images Transport System) utilizzato
dalla Nasa fin dagli anni '60 per archiviare le informazioni delle missioni astronomiche.
Questa scelta innovativa è stata al centro di una sessione speciale della "Settimana
europea di Astronomia e Scienza spaziale" - in programma dal 2 luglio ad oggi presso
la Pontificia Università Lateranense - dedicata alla "Conservazione a lungo termine
dei Beni culturali in formato digitale" e organizzata dalla stessa Biblioteca Vaticana.
Fabio Colagrande ne ha parlato con Luciano Ammenti, coordinatore dei
Servizi Informatici della Biblioteca:
R. – Precisamente
condividiamo il formato di conversazione: questo formato che si chiama Fits e che
è lo stesso che usa la Nasa per le conservazioni delle missioni lunari, è stato condiviso
anche dalla Biblioteca Vaticana che, nelle sue istituzioni, con il prefetto in capo,
ha fatto un lungo studio sulle possibilità di conservazioni e ha deciso che questo
formato poteva sicuramente essere quello giusto per conservare i manoscritti della
Biblioteca Vaticana.
D. – Perché avete scelto proprio questo sistema di memorizzazione?
R.
– Perché è l’unico formato che è in utilizzo da più di 45 anni nel mondo dell’informatica
ed è l’unico che ci dà la garanzia di longevità, oltre al fatto di essere open
source e cioè completamente gratuito e completamente modificabile, e oltre anche
al fatto che è un formato di 64 bit, che vuole dire che i file che saranno con lui
generati sono senza limiti di grandezza.
D. – L’incontro che avete organizzato
alla Lateranense vuole fare un po’ il punto su questo tipo di archiviazione digitale,
anche confrontarsi sui metodi che vengono usati da altre istituzioni?
R. –
Il nostro scopo era quello di tirare un sassolino nello stagno, nel mondo della conservazione
dei beni culturali, che è così importante nell’ambito del territorio nazionale, ma
anche in territorio europeo. Ovviamente c’è molta sorpresa, perché questo formato
era usato relativamente a missioni spaziali: vedere che la Biblioteca Vaticana si
è schierata favorevolmente da questa parte ha arrecato stupore ed interesse. Era proprio
quello che volevamo: volevamo una critica costruttiva, al di fuori ovviamente della
nostra "isola", per capire se il cammino che stiamo intraprendendo sarà quello giusto.
D. – Esistono altre istituzioni che stanno intraprendendo strade simili con
questo formato?
R. – No, nessuna. Abbiamo coinvolto in questo meeting tutte
le istituzioni possibili proprio per solleticare il loro interesse e anche la loro
criticità verso la nostra scelta.
D. – Dal punto di vista tecnico si tratta
di un’archiviazione complicata?
R. – E’ un’archiviazione complicata, perché
l’oggetto è delicato. Utilizzando però le migliori tecnologie tutto si riduce esclusivamente
a un controllo delicato e attento del materiale con cui abbiamo a che fare, perché
ovviamente il bene che dobbiamo tutelare è quello dei manoscritti e quindi potete
immaginare che nessuna di queste cose può essere né deturpata né violata durante il
processo di acquisizione.
D. – E’ un formato tuttora utilizzato dalla Nasa?
R.
– Assolutamente sì e non solo dalla Nasa, ma – ripeto – dal mondo scientifico internazionale,
che conserva tutte le informazioni che dai satelliti arrivano sulla terra e anche
– da quattro-cinque anni a questa parte – della Biomedicina o Medicina Nucleare: tutte
le Tac, le tomografie assiali computerizzate vengono salvate in formato Fits.
D.
– E’ impressionante anche questa contaminazione fruttuosa tra mondo scientifico e
mondo umanistico…
R. – Sì, lo è stato anche per noi. Per questo ci siamo fidati,
perché loro con la loro organizzazione – diciamo – spontanea, perché si tratta di
un formato open source, sono 45 anni che lo mantengono. L’unica esperienza
al mondo di un sistema operativo o di un prodotto software così longevo è il sistema
operativo Unix, il padre di Linux e che è il software che "gira" in tutti i telefonini
del mondo: anche quello ha 40 anni, anche quello è generato dalla comunità scientifica,
anche quello aggiornato dalla comunità scientifica gratuitamente.