2012-07-06 07:43:18

A Parigi gli “Amici della Siria”, mentre nel Paese è “violenza senza precedenti” e si parla di una defezione eccellente


In Siria si è raggiunto ''un livello di violenza senza precedenti'': è quanto afferma il capo degli osservatori delle Nazioni Unite, Robert Mood. Ieri almeno 31 persone hanno perso la vita. Tra poco a Parigi si apre la riunione del gruppo cosiddetto Amici della Siria. Intanto, giunge notizia della fuga di un generale di primo piano. Il servizio di Fausta Speranza RealAudioMP3
A Parigi il segretario di Stato americano, Clinton, proporrà un inasprimento delle sanzioni contro il presidente siriano, in vista della nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu attesa nelle prossime settimane. Dall’Onu, peraltro, è atteso anche un pronunciamento sulla missione degli osservatori. A Parigi, un centinaio di delegazioni tra Paesi di Ue e Lega Araba, Usa, di organizzazioni internazionali e dell'opposizione. Ma il punto è che non ci saranno Russia e Cina. Intanto si parla della defezione del generale della Guardia repubblicana Manaf Tlass, che sarebbe legato al presidente da un’amicizia che risale ai tempi della gioventù e da speciali relazioni familiari. Non ci sono conferme, ma sembra sia già in Turchia. Sarebbe fuggito quando ha avuto la certezza che gli apparati di Intelligence lo avrebbero arrestato per presunte attività contro il regime. Mentre per la prima volta il presidente siriano parla di “errori” nella gestione della crisi, pur denunciando ingerenze straniere e rivendicando “l’appoggio del popolo”, il ministro degli Esteri italiano, Terzi, afferma che è iniziato “il conto alla rovescia” per Assad. Davide Maggiore ne ha parlato con Marcella Emiliani, esperta di Medio Oriente: RealAudioMP3 R. - La comunità internazionale fino ad ora non si è mossa in maniera né veloce né efficace. Certamente però il regime di Bashar al Assad è ormai alle corde. A questo punto bisogna giocarla tutta sul cercare di far scendere la febbre della guerra civile e questo significa, che ci piaccia o meno, salvare un pezzo del regime, offrirgli garanzie, in maniera tale da convincerlo ad andarsene.

D. - Il ministro Terzi ha parlato di una soluzione diplomatica simile a quella libanese per la crisi siriana. E’ un’opzione praticabile?

R. – Sì, sarebbe una soluzione praticabile se naturalmente ci fosse qualcuno disposto a garantire per Bashar al Assad, garantire a lui, alla sua famiglia e a una cerchia ristretta di suoi accoliti, una forma di ricovero, salvezza; per ora pochi Paesi si sono offerti di accoglierlo e lui comunque non ha accettato.

D. – L’ultimo Paese a rifiutare questa possibilità di asilo politico per Assad è stata la Russia: che posizione ha in questo momento Mosca?

R. - Diciamo che la posizione di Mosca si è addolcita, non ammette un intervento militare esterno che l’Occidente non aveva comunque alcuna intenzione di fare, e vuole assolutamente avere voce in capitolo, perlomeno sulla transizione. Per questo corre un po’ sul filo del rasoio. Rifiuta di ricevere Assad in casa propria perché se facesse un’offerta di questo genere è evidente che ammetterebbe che il regime di Bashar al Assad sta crollando e questo ufficialmente non lo farà mai. Però non è da escludere che sia anche disponibile a riceverlo, come non è da escludere che Assad possa trovare rifugio nel vicino Iran che è il suo unico alleato in Medio Oriente.

D. – In questo contesto come può essere definito il ruolo della Cina?

R. – La Cina cerca di sfruttare tutte le congiunture per trarne un qualche vantaggio, la Siria è un Paese chiave per quel che riguarda tutte le vie di snodo del Medio Oriente. Quindi la Cina finché la situazione non cambia drammaticamente sul terreno segue quelli che sono i suoi interessi immediati, che la portano a sostenere questo regime.

D. – A proposito della situazione sul terreno, continuano anche le diserzioni nell’esercito regolare fedele al presidente in carica. La fine della crisi potrebbe essere quella di un Assad abbandonato anche dei fedelissimi?

R. – Qui stiamo parlando dei generali dell’esercito. Non è l’esercito il principale punto d’appoggio di Bashar al Assad, sono le teste di cuoio, i vari servizi di sicurezza. Comunque mi sembra che ormai in Turchia si siano rifugiati circa 14 generali, il numero è impressionante. E’ evidente che quando le Forze armate cominciano a disertare la situazione si fa davvero critica. Quello che sia Mosca sia Bashar al Assad fino a un certo punto hanno tentato di fare è di impedire che la crisi si internazionalizzasse. Bashar al Assad da un certo punto in poi ha ritenuto invece di puntare su uno scontro esterno al Paese per distrarre la comunità internazionale dal disastro interno e ormai questa è oggettivamente una crisi internazionalizzata. E’ coinvolta la Turchia, è coinvolto l’Iran, si è creato il club degli “Amici della Siria”, ci sono continui scontri al Consiglio di sicurezza dell’Onu, bisogna però che non scatti un atto bellico vero e proprio da parte della Siria nei confronti di Paesi, non come la Turchia che debole non è, ma per esempio che non cerchi di esportare la conflittualità in un Paese che invece è debolissimo come il Libano.











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