A Parigi gli “Amici della Siria”, mentre nel Paese è “violenza senza precedenti” e
si parla di una defezione eccellente
In Siria si è raggiunto ''un livello di violenza senza precedenti'': è quanto afferma
il capo degli osservatori delle Nazioni Unite, Robert Mood. Ieri almeno 31 persone
hanno perso la vita. Tra poco a Parigi si apre la riunione del gruppo cosiddetto Amici
della Siria. Intanto, giunge notizia della fuga di un generale di primo piano. Il
servizio di Fausta Speranza A Parigi il segretario
di Stato americano, Clinton, proporrà un inasprimento delle sanzioni contro il presidente
siriano, in vista della nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu attesa nelle
prossime settimane. Dall’Onu, peraltro, è atteso anche un pronunciamento sulla missione
degli osservatori. A Parigi, un centinaio di delegazioni tra Paesi di Ue e Lega Araba,
Usa, di organizzazioni internazionali e dell'opposizione. Ma il punto è che non ci
saranno Russia e Cina. Intanto si parla della defezione del generale della Guardia
repubblicana Manaf Tlass, che sarebbe legato al presidente da un’amicizia che risale
ai tempi della gioventù e da speciali relazioni familiari. Non ci sono conferme, ma
sembra sia già in Turchia. Sarebbe fuggito quando ha avuto la certezza che gli apparati
di Intelligence lo avrebbero arrestato per presunte attività contro il regime.
Mentre per la prima volta il presidente siriano parla di “errori” nella gestione della
crisi, pur denunciando ingerenze straniere e rivendicando “l’appoggio del popolo”,
il ministro degli Esteri italiano, Terzi, afferma che è iniziato “il conto alla rovescia”
per Assad. Davide Maggiore ne ha parlato con Marcella Emiliani, esperta
di Medio Oriente: R. - La comunità
internazionale fino ad ora non si è mossa in maniera né veloce né efficace. Certamente
però il regime di Bashar al Assad è ormai alle corde. A questo punto bisogna giocarla
tutta sul cercare di far scendere la febbre della guerra civile e questo significa,
che ci piaccia o meno, salvare un pezzo del regime, offrirgli garanzie, in maniera
tale da convincerlo ad andarsene.
D. - Il ministro Terzi ha parlato di una
soluzione diplomatica simile a quella libanese per la crisi siriana. E’ un’opzione
praticabile?
R. – Sì, sarebbe una soluzione praticabile se naturalmente ci
fosse qualcuno disposto a garantire per Bashar al Assad, garantire a lui, alla sua
famiglia e a una cerchia ristretta di suoi accoliti, una forma di ricovero, salvezza;
per ora pochi Paesi si sono offerti di accoglierlo e lui comunque non ha accettato.
D.
– L’ultimo Paese a rifiutare questa possibilità di asilo politico per Assad è stata
la Russia: che posizione ha in questo momento Mosca?
R. - Diciamo che la posizione
di Mosca si è addolcita, non ammette un intervento militare esterno che l’Occidente
non aveva comunque alcuna intenzione di fare, e vuole assolutamente avere voce in
capitolo, perlomeno sulla transizione. Per questo corre un po’ sul filo del rasoio.
Rifiuta di ricevere Assad in casa propria perché se facesse un’offerta di questo genere
è evidente che ammetterebbe che il regime di Bashar al Assad sta crollando e questo
ufficialmente non lo farà mai. Però non è da escludere che sia anche disponibile a
riceverlo, come non è da escludere che Assad possa trovare rifugio nel vicino Iran
che è il suo unico alleato in Medio Oriente.
D. – In questo contesto come può
essere definito il ruolo della Cina?
R. – La Cina cerca di sfruttare tutte
le congiunture per trarne un qualche vantaggio, la Siria è un Paese chiave per quel
che riguarda tutte le vie di snodo del Medio Oriente. Quindi la Cina finché la situazione
non cambia drammaticamente sul terreno segue quelli che sono i suoi interessi immediati,
che la portano a sostenere questo regime.
D. – A proposito della situazione
sul terreno, continuano anche le diserzioni nell’esercito regolare fedele al presidente
in carica. La fine della crisi potrebbe essere quella di un Assad abbandonato anche
dei fedelissimi?
R. – Qui stiamo parlando dei generali dell’esercito. Non è
l’esercito il principale punto d’appoggio di Bashar al Assad, sono le teste di cuoio,
i vari servizi di sicurezza. Comunque mi sembra che ormai in Turchia si siano rifugiati
circa 14 generali, il numero è impressionante. E’ evidente che quando le Forze armate
cominciano a disertare la situazione si fa davvero critica. Quello che sia Mosca sia
Bashar al Assad fino a un certo punto hanno tentato di fare è di impedire che la crisi
si internazionalizzasse. Bashar al Assad da un certo punto in poi ha ritenuto invece
di puntare su uno scontro esterno al Paese per distrarre la comunità internazionale
dal disastro interno e ormai questa è oggettivamente una crisi internazionalizzata.
E’ coinvolta la Turchia, è coinvolto l’Iran, si è creato il club degli “Amici della
Siria”, ci sono continui scontri al Consiglio di sicurezza dell’Onu, bisogna però
che non scatti un atto bellico vero e proprio da parte della Siria nei confronti di
Paesi, non come la Turchia che debole non è, ma per esempio che non cerchi di esportare
la conflittualità in un Paese che invece è debolissimo come il Libano.