Parte a Rondine il progetto per una nuova classe dirigente per la Sponda Sud del Mediterraneo
Un mare tra due sponde, un ponte tra due mondi" è il titolo del simposio internazionale
che oggi e domani inaugura a Rondine (Arezzo) il progetto triennale "Una nuova classe
dirigente per la Sponda Sud del Mediterraneo". Sulla scia dei quindici anni di esperienza
formativa del suo Studentato Internazionale, l'Associazione Rondine-Cittadella della
Pace propone un'esperienza educativa a giovani professionisti provenienti dai Paesi
che stanno attraversando la cosiddetta "Primavera araba", come Egitto, Libia e Tunisia.
L'obiettivo, oltre a creare i leader di domani, è quello di creare ponti di fiducia
e amicizia tra mondi vicini fisicamente, ma spesso lontani culturalmente. Fabio
Colagrande ha intervistato Franco Vaccari, fondatore e presidente di Rondine:
R. – Non eravamo
mai approdati a questi nuovi Paesi: da quando si è scatenata la “Primavera araba”
- questa grande rivoluzione, questo grande sommovimento culturale, spirituale, religioso
- l'abbiamo seguita con grande attenzione e le relazioni che si sono maturate in questo
anno e mezzo ci hanno portato a dire: proviamo il metodo di Rondine di formazione
di classe dirigente anche verso questi Paesi. Anche perché - come diciamo nel titolo
– in effetti c’è un mare tra noi, ma c’è un oceano di ignoranza, di pregiudizi. Noi
dobbiamo lavorare con forza, affinché le future generazioni partano già bene, con
il piede giusto, si conoscano e abbattano i pregiudizi: questo vuol dire la metafora
della costruzione di ponti e quindi conoscenza vera, diretta ed elaborazione anche
di un immaginario collettivo nuovo, quasi come un nuovo continente, dove Europa e
sud del Mediterraneo comincino a concepirsi come una realtà assolutamente diversificata,
ma anche unica per il destino del mondo.
D. – Perché un simposio internazionale
per inaugurare questo progetto, simposio al quale partecipano – tra gli altri – il
cardinale Tauran e il ministro Riccardi?
R. – Un Simposio per sondare istituzionalmente,
culturalmente e direi anche scientificamente un’operazione di lungo respiro. Il progetto
è triennale: lo seguiremo tutti insieme; ne aggiusteremo il tiro strada facendo, vedendo
le imperfezioni del primo anno, ma speriamo molto anche sui punti luminosi, e quindi
lo rafforzeremo. Sarà seguito come un investimento, perché il governo italiano punta
molto su questa sponda sud e il ministro Riccardi si spende con forza e con grande
determinazione.
D. – Tunisia, Egitto, Libia sono tre Paesi che dimostrano,
però, le luci e le ombre anche legate alla “Primavera araba”. Come dobbiamo guardare
a questo fenomeno storico che è ancora in atto?
R. – Dobbiamo guardare – direi
- con grande vigilanza e attenzione, ma senza che questo inibisca una simpatia umana.
Noi siamo “infettati” da pregiudizi e i pregiudizi – come sappiamo – si compongono
da molti elementi: uno, non l’unico ma certamente importante, è l’ignoranza. Noi non
conosciamo cosa stia succedendo in quei Paesi; l’informazione è come sempre parziale
e spesso ad usum di interessi parziali. In questo modo, noi vogliamo invece
porre un luogo dove ci siano delle conoscenze autentiche: verranno qui i primi quindici
giovani che sono stati protagonisti veri di questi movimenti, in modi anche molto
diversi. Dall’Egitto avremo anche i musulmani e i copti e quindi avremo i cristiani
e gli islamici; dalla Tunisia avremo anche le personalità e i giovani con forti personalità
che, dalla poesia all’economia, hanno ispirato questi movimenti e che stanno costruendo
già nel loro immaginario il loro cuore e il loro futuro. Noi dobbiamo preservare queste
perle preziose, incoraggiarle e innestarle in forti rapporti di amicizia e di cooperazione.
Ecco perché c’è il ministro Riccardi, ecco perché c’è il cardinale Tauran, ecco perché
ci sono gli ambasciatori di Egitto e di Tunisia…. E’ un vero simposio, che si mette
intorno ad una grande scommessa di formazione, di cui spesso si parla, ma che poi
è sempre difficile da realizzare o è fatta in maniera – a volte – dispersiva.