Myanmar. Aung San Suu Kyi al governo birmano: liberate i 330 detenuti politici
Nelle carceri birmane sono ancora oggi rinchiusi "centinaia" di prigionieri politici
e anch'essi devono essere rilasciati. È quanto ha affermato oggi la leader dell'opposizione
democratica Aung San Suu Kyi, all'indomani della decisione del governo di liberare
46 detenuti nel contesto di un provvedimento di grazia di cui hanno beneficiato una
ventina di persone in carcere per reati di opinione. In una nota la Nobel per la pace
respinge l'ordine impartito da Naypyidaw, che le proibisce di continuare a chiamare
la nazione "Birmania" in sostituzione di Myanmar, il nome con cui il regime militare
ha ribattezzato il Paese durante i due decenni di dittatura e isolamento internazionale.
Al monito della Commissione elettorale, la "Signora" ribatte che "in una nazione democratica
si deve valutare il volere della gente", mentre il cambio di nome è avvenuto senza
la consultazione popolare. In una conferenza stampa indetta oggi, la leader della
Lega nazionale per la democrazia (Nld) ha confermato l'intenzione di chiedere "il
rilascio di tutti e 330 i prigionieri politici", in un appello rilanciato dal famoso
dissidente Ko Ko Gyi che ha aggiunto: "continueremo a lavorare per la liberazione
di tutti". Ieri il governo birmano ha anticipato gli effetti di un provvedimento di
amnistia, scarcerando oltre 40 detenuti, di cui 37 uomini e nove donne. Fra le ragioni
alla base del provvedimento, il proposito delle autorità di "assicurare la stabilità"
della nazione e dar vita a una "pace perenne, riconciliazione nazionale, assicurando
a tutti la possibilità di prendere parte al processo politico". Tra le persone rilasciate
vi è anche Than Zwe, arrestato e condannato al carcere a vita sebbene innocente. "Non
sono riconoscente né felice per la liberazione" ha dichiarato l'uomo, dietro le sbarre
dal luglio 1989, perché "sono stato imprigionato per moltissimi anni - oltre due decenni
- per un crimine che non ho neanche commesso". Egli era stato arrestato con l'accusa
di aver partecipato all'attacco bomba alla raffineria petrolifera Thanlyin: condannato
alla pena capitale in primo grado, la sentenza è stata commutata in ergastolo al processo
di appello. Dietro l'attentato vi era invece un comandante dell'esercito nazionalista
Karen, reo confesso nel 2005; tuttavia, le sue parole non sono servite a scarcerare
Than Zwe. Fra gli altri 20 prigionieri di coscienza liberati ieri vi è anche Aye Aung,
uno dei leader studenteschi del movimento Generazione 88 condannato dapprima a 59
anni, ridotti poi a 29 in appello con l'accusa di aver violato la legge di emergenza
nazionale e stampa clandestina. (R.P.)