La Santa Sede condanna ordinazione illegittima di un vescovo cinese
Nota della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli di condanna e biasimo riguardo
l’ordinazione episcopale, che si preparando in Cina, senza il necessario mandato pontificio,
del rev. Giuseppe Yue Fusheng. Un atto “che danneggia l’unità della Chiesa e tutta
l’opera di evangelizzazione”, sottolinea il dicastero. Il servizio di Roberta Gisotti:
La notizia giunge
dall’Amministrazione Apostolica di Harbin, nella provincia di Heilongjiang, dove l’ordinazione
episcopale del rev. Yue Fusheng “è stata programmata in modo unilaterale e produrrà
– ammonisce il dicastero vaticano – divisioni, lacerazioni e tensioni nella comunità
cattolica in Cina”. “Se si vuole che la Chiesa in Cina sia cattolica, non si deve”
infatti – sottolinea la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli – “procedere
a ordinazioni episcopali che non abbiano la previa approvazione del Santo Padre”.
Lo stesso rev. Yue Fusheng “è stato informato da tempo” che “la sua ordinazione
sarà illegittima”, che “la Santa Sede non lo riconoscerà come il vescovo di Harbin”
e che “egli sarà privo dell’autorità di governare la comunità cattolica diocesana”,
violando la norma del Codice di Diritto canonico, che prevede per i trasgressori la
scomunica latae sententiae. Così, anche “i vescovi consacranti” – ricorda la
nota – saranno esposti “alle gravi sanzioni canoniche, previste dalla legge della
Chiesa”. Compromessi anche i rapporti con le autorità governative: l’ordinazione del
rev. Yue Fusheng “contraddirebbe quei segni di dialogo, auspicato dalla Parte Cinese
e dalla Santa Sede, che si sta cercando di porre”.
“La nomina dei Vescovi
– puntualizza il dicastero vaticano – è una questione non politica, ma religiosa”,
come spiega Benedetto XVI nella Lettera a tutti i membri della Chiesa cattolica in
Cina, del maggio 2007. Quando il Papa “concede il mandato apostolico per l’ordinazione
di un vescovo” – si legge nel documento – “esercita la sua suprema autorità spirituale:
autorità ed intervento, che rimangono nell’ambito strettamente religioso. Non si tratta
quindi di un’autorità politica, che si intromette indebitamente negli affari interni
di uno Stato e ne lede la sovranità”. Del resto, aggiunge il Santo Padre, “la nomina
di Pastori per una determinata comunità religiosa è intesa, anche in documenti internazionali,
come un elemento costitutivo del pieno esercizio del diritto alla libertà religiosa”.