Ancora alta la tensione fra Siria e Turchia. Ritrovati i corpi dei 2 piloti del jet
turco abbattuto
Nessun confronto Stati Uniti-Russia sull’asilo politico al presidente siriano Assad.
Lo ha ribadito il ministro degli Esteri russo Lavrov. Intanto sale la tensione tra
Damasco e Ankara a due settimane dall’abbattimento di un caccia turco e dopo il ritrovamento,
oggi, dei corpi dei piloti rimasti uccisi. Nel Paese, Homs resta al centro di forti
violenze: almeno 48 le vittime, secondo gli attivisti. Benedetta Capelli ha
raccolto l’opinione di Fabio Grassi, esperto di questioni turche autore del
libro “Atatürk. Il fondatore della Turchia moderna”:
R. – Penso
che sia utile precisare una cosa, cioè che Assad non ha dato l’intervista a un quotidiano
turco qualsiasi ma a un quotidiano fortemente, decisamente oppositore dell’attuale
governo del primo ministro. Questo è un primo aspetto interessante. Certamente la
posizione di Assad è piuttosto dura ma è anche molto dura quella della Turchia negli
ultimi tempi verso il regime di Assad ed è forte proprio l’interventismo dell’amministrazione
turca in questo periodo. Io ero a Istanbul quando è stato abbattuto l’aereo; pochi
giorni dopo ho avuto occasione di parlare con un’importante studiosa e ci siamo messi
a vagliare tutte le possibili motivazioni razionali di quella che appare anche più
una provocazione o un’imprudenza: abbiamo esaurito tutte le teorie complottiste, dietrologiche,
senza riuscire a trovare, per la verità, una spiegazione convincente, il che è forse
la cosa più preoccupante. Evidentemente una chiave di lettura possibile è quella di
un sostegno alla componente sunnita della Siria contro quella che è un’amministrazione
alawita e che rappresenta una parte minoritaria della popolazione siriana. Sta di
fatto che l’amministrazione turca, due, tre anni fa proclamava come principio forte
della sua politica estera “zero problemi con i vicini”.
D. - Perché è cambiato
il giudizio nei confronti del regime di Assad?
R. - Una spiegazione che si
può dare è che Ankara rivendica un suo ruolo di interlocuzione che finisce per essere
quasi anche una richiesta di essere ascoltata molto attentamente. E questa richiesta
si basa su una grande crescita economica, quindi su una maggiore forza oggettiva del
Paese.
D. – Un’eventuale uscita di scena di Assad per la Turchia che cosa potrebbe
significare?
R. – La Turchia sta chiaramente navigando contro il regime di
Assad e la cosa più logica che si possa pensare come obiettivo della Turchia è un
regime siriano in qualche modo affine, sintonico con i movimenti della "primavera
araba" e quindi che portino sia a un assetto più democratico, sia alla prevalenza
di partiti o di movimenti che sono nell’area sunnita.
D. – Faceva cenno alla
potenza economica della Turchia, oggi questo Paese come si colloca nello scacchiere
geopolitico e soprattutto che Paese è?
R. – La Turchia si colloca in un’area
strategica fondamentale, però è un Paese che ha una collocazione ancora incompiuta
e la va cercando recuperando anche il retaggio della sua natura ottomana. C’è un dato
di fatto, e poi alla fine lì dobbiamo sempre tornarci, è un Paese che si muove "sciolto",
relativamente parlando, nel momento in cui le cose con l’Unione europea stanno andando
a finire male. Certo faremmo altri discorsi se la Turchia fosse già membro dell’Unione
europea o comunque fosse prossima ad esserlo.