Quale sviluppo sostenibile per quale Africa? Il tema dello sviluppo sostenibile
- al centro dei dibattiti al Summit Rio +20, che si è recentemente svolto in Brasile
– è spesso considerato come il frutto dell’inquietudine dei Paesi del Nord, dinanzi
ai danni ambientali causati dalle attività che hanno reso possibile la loro crescita. A
detta di certi osservatori, alla Conferenza di Rio non è stato possibile individuare
una definizione precisa degli obiettivi, in materia, e si è alimentato un certo pessimismo
nei confronti dell’azione pubblica, in particolar modo nel campo ambientale. Alcuni
partecipanti hanno affermato che “I Governi non possono risolvere da soli i problemi
ai quali il mondo è oggi obbligato a confrontarsi: dal cambiamento climatico alla
povertà persistente, passando per le penurie nel settore energetico... Tuttavia, essi
si sono trovati d’accordo sul fatto che l’imporsi della dimensione ambientale, soprattutto
a causa del riscaldamento del Pianeta e di tutti i disastri connessi, esige l’adozione
di un nuovo approccio, nelle attività finalizzate alla promozione di una crescita
economicamente sostenibile. Un approccio globale che metta al centro la persona umana
e il suo sviluppo integrale, secondo gli auspici della Santa Sede. In effetti,
come ha affermato in tale occasione il Cardinal Odilo Pedro Scherer, rappresentante
del Papa a Rio+20, “La risorsa del Pianeta, è la persona umana...Laddove essa non
viene messa al centro dello sviluppo politico, ambientale o sociale, ma piuttosto
al servizio di queste altre attività, le conseguenze per lo sviluppo umano sono chiare:
gli effetti sono provati dall’invecchiamento delle società nel mondo di oggi, e dai
milioni di bambini che non hanno avuto opportunità di nascere, il cui contributo al
Pianeta è andato perso per sempre”, ha costatato il Cardinale.
Tuttavia, nei
vari discorsi tenuti al vertice, il concetto di sviluppo sostenibile è stato presentato
come un principio di “bene universale”; pertanto ciascuno è chiamato a fare dei sacrifici
per la protezione di ciò che abbiamo in comune: il nostro Pianeta, l’unico abitabile,
senza il quale la nostra stessa sopravvivenza, in quanto famiglia umana, sarebbe compromessa.
La relazione tra sviluppo sostenibile e riduzione della povertà, posta come principio
di base, non ha però convinto molti, dal momento che vari Paesi hanno fornito indicazioni
vaghe sulle strategie da adottare per lottare contro la povertà, promuovere uno sviluppo
coerente di tutto il Pianeta e, allo stesso tempo, proteggere l’ambiente. Varie
posizioni contrastanti sono state assunte sulla questione dello sviluppo sostenibile
e sull’implementazione di politiche economiche adeguate, nei Paesi in via di sviluppo,
in generale, e negli Stati africani in particolare. Questa mancanza di coerenza
di fondo, tra i discorsi delle Istituzioni Internazionali sullo sviluppo sostenibile
e le pratiche economiche messe in atto nel “Sud del mondo”, mette in evidenza i conflitti
che si generano tra gli attori e le Istituzioni di settore, a vari livelli.Guardando
alle strategie di lotta contro la povertà in Africa, ad esempio, si può constatare
che la mancanza di sicurezza alimentare nel continente persiste nonostante l’abbondanza
di terre non coltivate. E la tendenza dei finanziatori è attualmente quella di promuovere
la produzione di bio-carburante, al posto di cibo per la popolazione locale! Per
quanto concerne la gestione dei rischi ambientali, è stato chiesto all’Africa di proteggere
la foresta del bacino del Congo, senza offrire in cambio piani credibili e alternativi
di sviluppo per le popolazioni, che hanno fatto di questa foresta il proprio habitat,
e per gli stessi Stati, che dovrebbero rinunciare al potenziale offerto dal bacino
pluviale, per lo sviluppo interno. In effetti, la foresta del Congo appare come
un vero capitale naturale e, al contempo, un grande pericolo; fonte indispensabile
di ricchezza per i Paesi interessati, le cui popolazioni sono però, paradossalmente,
le più povere al mondo.
È necessario dunque ripensare le strategie dell’attività
umana, che siano finalizzate ad una crescita duratura e coerente. Bisognerà privilegiare
l’ideale di sviluppo degli uomini, piuttosto che delle econome; ricercare ed esprimere
una nuova sintesi tra sviluppo economico, sociale, ed ambientale, che possa conciliare
la crescita finanziaria non solo grazie alla solidarietà, ma attraverso la partecipazione
di tutti sotto forma di partenariato, in un contesto “ecoglobalizzato”. Coerentemente
con tale prospettiva, l’Onu ha lanciato un’ambiziosa iniziativa intitolata “Sfida
Fame Zero”, che mira ad assicurare il diritto al cibo per tutti, in un momento in
cui un miliardo di persone soffrono ancora la fame, nel mondo. La Conferenza Rio
+20 ha ugualmente posto l’accento sul bisogno di incoraggiare gli investimenti nelle
“eco-tecnologie” e le energie rinnovabili, senza tuttavia indicare come sia possibile
- l’abbiamo sottolineato in apertura del testo - conciliare gli obiettivi prefissati,
ovvero garantire allo stesso tempo profitto economico, generato dalle tecnologie verdi,
ed eliminazione della fame.
Si è a lungo pensato che l’economia di mercato
si sarebbe sviluppata ovunque nel mondo, in maniera coerente, passando per le medesime
tappe di industrializzazione che hanno caratterizzato la storia dei Paesi ricchi,
ma come noto questo non si è verificato. In Africa, per ripensare l’attività umana
bisognerà ispirarsi alla ricerca di soluzioni urgenti ai problemi urgenti. A partire
dal consacrare le terre del continente a quella che rappresenta l’urgenza primaria
per gli africani: la lotta contro la fame. “La corsa all’accaparramento di terre
agricole in Africa, acquistate o affittate dai Paesi Occidentali per produrre biocarburanti
o per produrre alimenti destinati alle popolazioni asiatiche, è una bomba a orologeria
su un continente, l’Africa, che non riesce più a contenere la propria fame”, affermano
oggi gli osservatori. Crisi economica mondiale, insicurezza alimentare, instabilità
sociale e degrado dell’ambiente sono realtà che riguardano tutta la famiglia umana;
la ricerca di soluzioni non deve privilegiare alcuni, a spese degli altri.
A
cura di Marie-José Muando Buabualo, del programma francese per
l’Africa.