Il Messico al presidente Peña Nieto. Il nunzio: alternanza garantisce democrazia
Enrique Peña Nieto, il nuovo presidente messicano, ha riportato al potere, dopo 12
anni, il Partito Rivoluzionario Istituzionale. La crisi economica e la narco-guerra
che insanguina il Paese nord-americano saranno le prime consistenti sfide che dovrà
affrontare. Non meno importante, però, sarà il suo personale impegno per l’unità nazionale,
così come annunciato ieri, durante il primo incontro con i giornalisti. Sulle sfide
che dovrà affrontare il nuovo presidente, Giancarlo La Vella ha raccolto il
commento dell’arcivescovoChristophe Pierre, nunzio apostolico in Messico:
R. - Prima di
tutto, penso che la vittoria del Pri non rappresenti il ritorno del vecchio partito,
perché i tempi sono cambiati. Vedo questo cambiamento come un’alternanza, che è il
risultato della vita democratica. Ritorna un partito che sarà senz’altro diverso.
D.
- Un partito diverso, nuovo, di fronte però a problemi antichi...
R. - La situazione
del Paese difficile. Il Messico però è un Paese che cresce, che ha ancora molti poveri.
La povertà è anche la causa di altri problemi molto seri, come quello del narcotraffico,
che a sua volta genera la violenza. Il governo di Calderon, l’ex presidente, negli
ultimi sei anni ha fatto uno sforzo immenso per lottare contro questi problemi. Questo
però ha generato scontento e insoddisfazione, perché non si è risusciti a risolvere
l’emergenza. Penso, però, che non sia facile trovare altre soluzioni. Vedremo un po’
cosa farà il nuovo governo.
D. - Lo stesso Peña Nieto ha parlato del volto
nuovo del partito rivoluzionario istituzionale che, negli oltre settanta anni al potere,
era stato caratterizzato da forti limitazioni alla libertà, anche per la Chiesa. In
che modo questa nuova facciata dovrà necessariamente manifestarsi?
R. - Peña
Nieto ha fatto una campagna elettorale, annunciando che farà delle riforme profonde
per migliorare la situazione del Paese. Bisogna ascoltare un po’ le sue promesse e
verificare ciò che farà, perché questo Paese ha veramente bisogno di riforme strutturali
profonde per poter crescere economicamente, ridurre un po’ la povertà e risolvere
anche i problemi scottanti come quello del narcotraffico, delle relazioni con gli
Stati Uniti, specie nel campo dell’immigrazione, un settore dove la Chiesa è molto
impegnata. Il Messico si trova tra il Sud e il Nord America con due frontiere immense
da dove passano moltissimi migranti provenienti dal Sud, che cercano di arrivare negli
Stati Uniti; quelli che non ci riescono, rimangono qui. È un dramma immenso e c’è
bisogno di trovare una soluzione. Non dico che sarà facile.
D. - A proposito
della Chiesa messicana, che si è pronunciata anche durante la campagna elettorale:
come si pone di fronte a questo cambio di rotta politica?
R. - La Chiesa non
ha mai abbracciato un partito e, del resto, non deve mai farlo. La Chiesa difende
sempre valori fondamentali e ha una visione che pone la persona sempre al centro.
Certamente ciò che ha sempre interessato la Chiesa è il rispetto della vita, dal concepimento
fino alla morte naturale. Poi c’è il problema del rispetto delle persone, dei migranti,
a cui si aggiunge quello della violenza: negli ultimi cinque anni sono morte migliaia
e migliaia di persone. Molte di queste sono sparite, non abbiamo più avuto notizie.
Questi sono problemi molto scottanti. Poi la Chiesa vuole essere sempre rispettata
come tale. Il regime della libertà religiosa deve essere migliorato nella legislazione;
c’è ancora tutto un lavoro da fare. Bisogna ricordare che, fino al 1992, la Chiesa
non era legalmente riconosciuta. Ci sono ancora passi importanti da fare e speriamo
che vengano fatti, perché la Chiesa ha dialogato sempre con tutti.