2012-07-03 15:20:52

Il Messico al presidente Peña Nieto. Il nunzio: alternanza garantisce democrazia


Enrique Peña Nieto, il nuovo presidente messicano, ha riportato al potere, dopo 12 anni, il Partito Rivoluzionario Istituzionale. La crisi economica e la narco-guerra che insanguina il Paese nord-americano saranno le prime consistenti sfide che dovrà affrontare. Non meno importante, però, sarà il suo personale impegno per l’unità nazionale, così come annunciato ieri, durante il primo incontro con i giornalisti. Sulle sfide che dovrà affrontare il nuovo presidente, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento dell’arcivescovo Christophe Pierre, nunzio apostolico in Messico:RealAudioMP3

R. - Prima di tutto, penso che la vittoria del Pri non rappresenti il ritorno del vecchio partito, perché i tempi sono cambiati. Vedo questo cambiamento come un’alternanza, che è il risultato della vita democratica. Ritorna un partito che sarà senz’altro diverso.

D. - Un partito diverso, nuovo, di fronte però a problemi antichi...

R. - La situazione del Paese difficile. Il Messico però è un Paese che cresce, che ha ancora molti poveri. La povertà è anche la causa di altri problemi molto seri, come quello del narcotraffico, che a sua volta genera la violenza. Il governo di Calderon, l’ex presidente, negli ultimi sei anni ha fatto uno sforzo immenso per lottare contro questi problemi. Questo però ha generato scontento e insoddisfazione, perché non si è risusciti a risolvere l’emergenza. Penso, però, che non sia facile trovare altre soluzioni. Vedremo un po’ cosa farà il nuovo governo.

D. - Lo stesso Peña Nieto ha parlato del volto nuovo del partito rivoluzionario istituzionale che, negli oltre settanta anni al potere, era stato caratterizzato da forti limitazioni alla libertà, anche per la Chiesa. In che modo questa nuova facciata dovrà necessariamente manifestarsi?

R. - Peña Nieto ha fatto una campagna elettorale, annunciando che farà delle riforme profonde per migliorare la situazione del Paese. Bisogna ascoltare un po’ le sue promesse e verificare ciò che farà, perché questo Paese ha veramente bisogno di riforme strutturali profonde per poter crescere economicamente, ridurre un po’ la povertà e risolvere anche i problemi scottanti come quello del narcotraffico, delle relazioni con gli Stati Uniti, specie nel campo dell’immigrazione, un settore dove la Chiesa è molto impegnata. Il Messico si trova tra il Sud e il Nord America con due frontiere immense da dove passano moltissimi migranti provenienti dal Sud, che cercano di arrivare negli Stati Uniti; quelli che non ci riescono, rimangono qui. È un dramma immenso e c’è bisogno di trovare una soluzione. Non dico che sarà facile.

D. - A proposito della Chiesa messicana, che si è pronunciata anche durante la campagna elettorale: come si pone di fronte a questo cambio di rotta politica?

R. - La Chiesa non ha mai abbracciato un partito e, del resto, non deve mai farlo. La Chiesa difende sempre valori fondamentali e ha una visione che pone la persona sempre al centro. Certamente ciò che ha sempre interessato la Chiesa è il rispetto della vita, dal concepimento fino alla morte naturale. Poi c’è il problema del rispetto delle persone, dei migranti, a cui si aggiunge quello della violenza: negli ultimi cinque anni sono morte migliaia e migliaia di persone. Molte di queste sono sparite, non abbiamo più avuto notizie. Questi sono problemi molto scottanti. Poi la Chiesa vuole essere sempre rispettata come tale. Il regime della libertà religiosa deve essere migliorato nella legislazione; c’è ancora tutto un lavoro da fare. Bisogna ricordare che, fino al 1992, la Chiesa non era legalmente riconosciuta. Ci sono ancora passi importanti da fare e speriamo che vengano fatti, perché la Chiesa ha dialogato sempre con tutti.







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