Strage nelle chiese in Kenya. Il vescovo di Garissa: motivazioni politiche
E’ il giorno del dolore a Garissa, la città kenyana teatro dell'attacco di ieri contro
due chiese, dove sono morte 17 persone ed almeno altre 50 sono rimaste ferite. Dietro
le violenze ci sarebbe la mano degli Al Shabaab, gli estremisti islamici responsabili
della destabilizzazione in Somalia. E non è un caso che Garissa sia distante poco
meno di cento chilometri dal Paese del Corno d’Africa. La Santa Sede - attraverso
il portavoce vaticano padre Federico Lombardi - ha espresso orrore e preoccupazione
per gli attacchi. Il servizio è di Salvatore Sabatino:00:01:41:52
Azioni
simultanee e ben organizzate, quelle di ieri a Garissa, che hanno preso di mira la
cattedrale cattolica e una piccola chiesa evangelica appartenente all'Africa Inland
Indipendent Church; qui l’attacco più feroce, con almeno 16 morti. Momenti drammatici,
ripercorsi, in un’intervista all’agenzia Fides, da mons. Paul Darmanin, vescovo di
Garissa; uomini armati e mascherati “hanno gettato alcune bombe a mano all’interno
dell’edificio – riferisce – con lo scopo di farli fuggire fuori, dove sono stati colpiti
con i fucili presi a due soldati uccisi all’esterno della chiesa”. Il vescovo ritiene,
inoltre, che la pista più probabile non sia quella religiosa, ma politica: “gli Shabaab
– sottolinea – avevano minacciato rappresaglie per le operazioni condotte dall’ottobre
2011 dall’esercito del Kenya in Somalia. Della stessa opinione anche padre Franco
Moretti, direttore della Rivista “Nigrizia”, intervistato da Antonella Palermo:
"Ricordiamo che tutta la provincia orientale del Kenya, che è immensa,
è occupata da somali. Sono i fratelli, sono i cugini della gente che abita dall’altra
parte del confine. Il Kenya ha sempre avuto questo problema: 30 anni fa c’erano i
guerriglieri shifta; poi ci sono stati altri guerriglieri, che erano più gruppi di
banditi; e ultimamente ci sono gli al Shebaab.Teniamo anche presente
che il presidente e i membri del governo del Kenya, tutte le domeniche, appaiono in
tv durante la Messa o i riti protestanti. Quindi lo si può capire – non certo giustificare,
ma si può capire – questo odio che i somali hanno nei confronti del Kenya, che viene
avvertito come una nazione cristiana – metà cattolica e metà protestante. Se una persona
dice: l’unico modo per difendermi è compiere atti di terrorismo, gli obiettivi più
facili sono le chiese".
Di un "undici settembre infinito" parla il cardinale
nigeriano Anthony Olobunmi Okogie. Attentati che avvengono "nell'indifferenza del
mondo" - sottolinea in un'intervista al quotidiano La Stampa - e che fanno vivere
al continente africano un "martirio senza via d'uscita". ''In Nigeria come in Kenya
- spiega - i terroristi hanno finanziatori e sponsor dentro e fuori i confini nazionali.
Già
in passato i miliziani islamici somali di Al Shabaab avevano condotto altre azioni
terroristiche in Kenya. La città di Garissa ospita un’importante base militare dell’esercito
keniano e si trova ad un centinaio di chilometri dall’enorme campo profughi di Dadaab,
dove vivono attualmente oltre 450 mila rifugiati somali, in fuga dalla guerra e dalla
carestia. Venerdì scorso proprio a Dadaab erano stati rapiti i quattro operatori umanitari
stranieri liberati questa mattina in Somalia. Fonti locali annunciano che sono in
buona salute e che sono già in viaggio verso Nairobi.