Sahel: insicurezza alimentare per 10 milioni di persone, un milione bambini
Oltre 10 milioni di persone nel Sahel patiscono varie forme di insicurezza alimentare.
Di questi, un milione sono bambini che soffrono di malnutrizione severa e altri 2
milioni di malnutrizione meno acuta. Questi dati sono stati presentati da mons. Paul
Ouedraogo, arcivescovo di Bobo-Dioulasso e presidente di Ocades-Caritas Burkina, alla
Conferenza sullo sviluppo sostenibile (Uncsd), denominata anche Rio+20, che si è svolta
dal 20 al 22 giugno 2012 a Rio de Janeiro. I Paesi più colpiti dalla crisi alimentare
sono Niger (con 5 milioni e mezzo di persone in sofferenza); Mali (3 milioni); Burkina
Faso (1,7 milioni) e Senegal (850.000). Le cause della crisi sono il magro raccolto
nella stagione 2011-12, conseguenza delle scarse piogge, e più in generale la riduzione
della produttività nei Paesi della regione (Mauritania, Niger, Senegal, Mali, Burkina
Faso, Ciad) provocata dai cambiamenti climatici. Nel caso del Mali, si aggiungono
la violenza e l’insicurezza nel nord del Paese, che ha generato un forte afflusso
di rifugiati nei Paesi limitrofi (vi sono nel solo Burkina Faso 150.000 rifugiati
maliani). Le conseguenze della crisi alimentare sono, secondo quanto riporta mons.
Ouedraogo, la riduzione del numero e della quantità dei pasti giornalieri, la perdita
del bestiame, la migrazione dei giovani nelle grandi città. Per affrontare il problema,
il presidente di Ocades-Caritas Burkina indica diversi provvedimenti: stabilire un
sistema di allarme sulle condizioni climatiche, migliorare la ridistribuzione delle
risorse alimentari nell’area, stabilire fondi di emergenza, formare gli agricoltori
a nuove tecniche agricole, costruire pozzi e dighe, diversificare le fonti di reddito
(attualmente l’80% della popolazione attiva è impiegata nell’agricoltura che rappresenta
tra il 30 e il 40 del Pil dei Paesi del Sahel). “I Paesi del Sahel hanno la possibilità
di far fronte alla crisi. Hanno solo bisogno di risorse per rafforzare le azioni che
sono già avviate sul terreno. Investendo nel rafforzamento della capacità di recupero,
i partner saranno in grado di offrire ai Paesi che patiscono la crisi alimentare una
meravigliosa opportunità di rispondere in prima persona, nel modo più efficace e nella
situazione più difficile in cui vivono” conclude mons. Ouedraogo. (R.P.)