L'intenzione di preghiera del Papa per luglio: tutti abbiano un lavoro stabile e sicuro
L’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di luglio è di stringente
attualità: “Perché tutti possano avere un lavoro e svolgerlo in condizioni di stabilità
e di sicurezza”. Un tema al quale il Papa, complice l’epoca di crisi che il pianeta
vive da anni, ha dedicato ampie pagine del suo magistero. Alessandro De Carolis
ne ricorda alcune:
Quando si presentò
al mondo a metà aprile di sette anni fa, la crisi economica globale covava come magma
pronta all’eruzione sotto la crosta di un’apparente normalità. Per questo, alla folla
internazionale che si trovò in Piazza San Pietro – e a quella ancor più enorme che
seguiva la scena in tv – quelle parole discrete, venate da un accento di timidezza,
non parvero altro che un breve cenno spirituale, una finestra aperta sull’anima di
colui che si apprestava a prendere il timone della barca di Pietro”:
“Sono
un umile lavoratore della vigna del Signore…”.
Si definì così davanti al
mondo Benedetto XVI e nessuno allora colse, né poteva, in quelle otto parole un che
di profetico. Che invece c’era. Il nuovo Papa si presentava come “lavoratore” e, soprattutto,
“umile”, una qualità socialmente irrilevante al cospetto di una parte di pianeta –
l’Occidente – abituata da troppo tempo a vivere al di sopra delle proprie possibilità,
in ciò blandita dai denari facili di una finanza ancora più “facile”, e a considerare
“umile lavoratore” l’africano assoldato a cottimo piuttosto che la donna slava di
professione badante.
Due anni dopo, il mondo aprì gli occhi. Crisi del subprime,
crisi alimentare, recessione, bolle speculative diventarono gli inquietanti lemmi
di un dizionario imposto a un pianeta scopertosi improvvisamente più fragile, più
povero, più insicuro. Un pianeta che da quel momento il Papa non ha smesso di invitare,
insistendo a parole e per iscritto, a ridare valore alla dignità all’uomo, seppellito
sotto gli strati creativi di una finanza che lo vedeva e lo vede un valore di mercato.
La “profezia” del Papa sta nell’aver delineato la qualità del lavoratore al tempo
della crisi. Una persona sfrondata dall’euforia del benessere, che reimpara a vivere
di ciò che – come una vignaiolo – sa produrre con le sue forze:
“Forse mai
come oggi la società civile comprende che soltanto con stili di vita ispirati alla
sobrietà, alla solidarietà ed alla responsabilità, è possibile costruire una società
più giusta e un futuro migliore per tutti”. (Discorso agli amministratori del Lazio,
12 gennaio 2009)
Quei “tutti”, per il Papa sono in particolare le famiglie,
pilastri della sostenibilità sociale presente e costruttrici del futuro grazie ai
loro figli. E, in generale, tutti coloro che lavorano, specie chi, del lavoro, conosce
la fatica ma non le garanzie:
"Cari lavoratori e lavoratrici (...) la Chiesa
sostiene, conforta, incoraggia ogni sforzo diretto a garantire a tutti un lavoro sicuro,
dignitoso e stabile. Il Papa vi è vicino, è accanto alle vostre famiglie, ai vostri
bambini, ai vostri giovani, ai vostri anziani e vi porta tutti nel cuore davanti a
Dio". (Discorso ai partecipanti al pellegrinaggio della diocesi di Terni, 26 marzo
2011)
“Davanti a Dio”. Cioè in quello spazio dove i beni prodotti diventano
davvero un bene se, come afferma il Papa, si ricorda che il vero capitale da “scudare”
è l’uomo:
“Dal primato della valenza etica del lavoro umano, derivano ulteriori
priorità: quella dell’uomo sullo stesso lavoro, del lavoro sul capitale, della destinazione
universale dei beni sul diritto alla proprietà privata: insomma la priorità dell’essere
sull’avere”. (Discorso alle Acli, 27 gennaio 2006).