La nuova fase della Lega guidata da Maroni. Venerdì il primo consiglio federale
Il giorno dopo l’investitura di Roberto Maroni a nuovo segretario della Lega Nord,
all’interno del Carroccio si continua ad esaltare la nuova fase. Venerdì si svolgerà
il primo consiglio federale della Lega guidata dall’ex ministro dell’interno. All’ordine
del giorno le nomine per la segreteria politica, nonché le proposte per il nuovi dipartimenti
tematici. Il partito cerca ora di ritrovare ossigeno dopo la rovinosa caduta di Bossi,
e l’elezione di Maroni a molti sembra l’unica possibilità per la Lega di sopravvivere.
FrancescaSabatinelli ha intervistato GiovanniOrsina,
vice direttore della School of Government – Luiss Guido Carli:
R. - L’ondata
di scandali che ha coinvolto Bossi e la sua famiglia, per un partito come la Lega,
per come è nato, per il tipo di proposta che ha sempre avuto, naturalmente è stata
ancora più dannosa di quanto non sarebbe stata per qualsiasi altro partito. In questo
caso, secondo me, questa (passaggio di consegne ndr) era una mossa per certi aspetti
obbligata. L’impressione è che da un lato ci sia appunto il cambio di vertice, come
ho detto, per certi aspetti obbligato, dall’altro lato ci sia anche, però, una sorta
di ritorno alla Lega delle origini, agli elementi di identità originari, un ritorno
ad una Lega di protesta, di battaglia, una Lega che ha subito confermato l’opposizione
al governo Monti, che ha ricominciato a parlare di distacco da Roma. D’altra parte,
la Lega è passata da una Lega secessionista ad una Lega più di responsabilità di governo
e federalista. Insomma, sembra che in questo momento di crisi stiano tornando all’opzione
originaria.
D. - Abbiamo visto alle amministrative il crollo della Lega e come
molti voti del Carroccio siano stati dirottati verso il Movimento cinque stelle. Maroni
ha usato concetti identificativi della vecchia Lega essenzialmente per recuperare
voti?
R. - Secondo me sì, però forse è un po’ riduttivo. Lo ha usato anche
per recuperare una posizione nello spazio politico. La posizione della Lega, dal 2001
in poi, è stata quella di un partner privilegiato del governo di Berlusconi, in un
disegno di ristrutturazione delle nostre istituzioni che desse maggiore spazio all’Italia
settentrionale. Nel momento in cui questo tipo di discorso, ed è sotto gli occhi di
tutti, non funziona più, è chiaro che diventa fondamentale ritrovare una posizione
per questo partito. Che cosa è la Lega? Che cosa vuol fare? Dove vuole andare? È evidente
che l’idea di tornare all’identità, all’elemento originario, di cercare di recuperare
il voto di protesta, è forse l’unica via che possa essere battuta. Sono abbastanza
d’accordo con quelli che dicono che sembri una mossa disperata, perché non è facilissimo
che questa operazione riesca, si tratta di recuperare quel tipo di spirito di protesta
originario, che però già c’è stato e non ha portato da nessuna parte. A vantaggio
della Lega c’è il fatto che il sistema politico italiano, in questo momento, è in
condizioni talmente fluide che, effettivamente, tutto può succedere. È una situazione
di grande difficoltà all’interno di un contesto complessivo in grande difficoltà.
Quindi, forse, in questa situazione di difficoltà complessiva, questo disegno può
riuscire.
Non condivide il giudizio che per la Lega si tratti di una mossa
disperata StefanoBrunoGalli, docente di Storia delle dottrine
politiche all’Università degli studi di Milano e vicino al Carroccio. FrancescaSabatinelli lo ha intervistato:
R. - Non sarà
facile fare il segretario, questo è il punto. Però, questa consapevolezza generalizzata
della necessità di voltare pagina, dopo le vicende primaverili, è comunque da sottolineare.
D. - Con un linguaggio diverso Maroni ha però riproposto i concetti della
Lega prima maniera. Perché? Per riconquistare il territorio perso negli ultimi anni?
R.
- Sì. Diciamo che per effetto dell’alleanza con il Pdl al governo, la Lega ha in qualche
modo perso il contatto e la vicinanza con la questione settentrionale, con il reale
disagio e malessere che oggi come oggi è comune a tutta la Pianura Padana. La Lega,
con Maroni come segretario, deve tornare a dialogare con la questione settentrionale.
È necessario tornare sul territorio, intrecciare di nuovo legami con le diverse classi
sociali del territorio, e prendere possesso nuovamente, della questione settentrionale.
D.
- Lei ha detto che per Maroni non sarà facile fare il segretario. Si riferisce alla
scena politica nazionale, ossia non sarà facile ritrovare uno spazio per la Lega?
O si riferisce alle difficoltà all’interno dello stesso partito?
R. - All’interno
del partito – i giornali sottolineano spesso attriti, divergenze – non so. Dico che
non sarà un’impresa facile perché il progetto illustrato dal palco di Assago è molto
ambizioso, molto credibile, molto concreto, ma, ribadisco, molto ambizioso. Secondo
me, lui era perfettamente consapevole che non fossero sufficienti le ramazze di Bergamo
e le operazioni di pulizia della scorsa primavera. Ha quindi risposto con un progetto
autorevole, forte. Da un lato, sul piano europeo, Maroni ritiene che gli Stati nazionali
stanno esaurendo il loro ciclo vitale, storico. Bisogna quindi costruire un’Europa
dei popoli. Il secondo piatto della partita è sul piano interno, il confronto, il
conflitto, con Roma e con le istituzioni nazionali. Roma sta esaurendo il suo ciclo
vitale, perché gli Stati nazionali sono fortemente in crisi. L’idea è quella di sottolineare,
di far valere in ogni circostanza, le ragioni del Nord. Questi sono i due piatti della
partita che, secondo me, ha una sua forte coerenza interna perché al centro mette
la questione settentrionale sia nel suo dialogo con l’Europa, sia nei suoi rapporti
con la capitale dello Stato. Io sono convinto che la leadership di Maroni sarà sicuramente
meno carismatica, perché il carisma sul quale Bossi ha fondato la sua leadership era
il carisma del fondatore, ma sarà più di sostanza, più concreta e più progettuale.